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Full text of "I castelli di Gondar"

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I CA S'TELLI 
Dl GONDAR 

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SOCIETA' ITALIANA ARTI 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 
Capo dell'Ufficio Studi del Govebno dell'Amara 



1 CASTELLI 
D I G O N D A R 



CON 46 FOTOGRAFIE E DISEGNI ORIGIN ALI 
DEL CENTURIONE ELIO ZACCHIA 



m cm x xxviii 

societA italiana arti grafiche 

editrice in roma 



A 

SUA ALTEZZA REALE 

AMEDEO DI SAVOIA 

DUCA D'AOSTA 
VICERfe D'ETIOPIA 



CONDAt d'iTALIA 
ANNO III DCIL'iXPERO 



PEE LA PROTEnONE DI QUESTO VOLUME 

SONO STATE ADEUFIOTE LE FOBHALITA 

BICBIESTE DALLA tEGGE TUTELATBICE 

DEI DIRITTI DEU'lNCEGNO 



SOCIETA ITALIANA ART! GRAFICHE EDITSICE IN ROHA 
Via XX Scttembre, S8-A • Ttlefono 48S-016. 



OPPORTUNA premessa a quest© breve studio, e I'owia 
osservazione che i Castelli di Condar, vecchi, come 
essi souo, di meuo di tre secoli, di stile manuelino cor- 
rotto e imbastardito, ma impropriam.ente, a orecchio, 
chiamati « portoghesi », hanno scarsa importanza archeo- 
logica e artistica, e che Q loro valore e sopratutto storico : 
di documento e di curiosita. 

Essi, infatti — a prescindere dal rilievo romantico 
che aggiungono al gia ricco paesaggio gondarino — sono, 
per chi sa leggervi, non muti testimoni deU'unico periodo 
della storia etiopica, in cui, pur fxa violenze, crudelta e 
nefandezze, rimpero salomonico parve civilizzarsi e as- 
surgere a struttura e a dignita di State. 

I SovTani di Gondar del '6 e del '700 ebbero un loro 
sogno di ordinata grandezza, furono — a modo loro — 
fastosi mecenati. Alcuni, anzi, mostrarono essi stessi 
qualche disposizione o inteuzione di artisti, qualche pre- 
occupazione culturale ed estetica, come Giovanni « il 
santo », che miniava i suoi codici e come Jasu II, che 
lavorava in stucco con i suoi stipendiati, falascia e le- 
vantini. 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Non a caso, ridotti al rango di privati, dopo U crollo 
del loro predonunio politico, i priacipi sortiti dal ceppo 
del Qaark che duravano a vivere poveramente in Gon- 
dar, circondati da un resto dell'antico prestigio nel primo 
cinijuaBteDiiiix del secolo passato, traevano — secondo 
taccORta il D'Abbadie — dall'arte di pittori e di allumi- 
natQii, i loro mezzi di sostentamento. 

Vi e — insomma — intorno a Condar, un'aura gen- 
tilizia, una vecchia e preziosa nobilta di ricordi cbe la 
contraddistinguono, con Harar mussulmana, fra le altre 
cosidette cCtta deU'Etiopia, e la rendono degna di atten- 
zione e di cur a. 

Percio appunto il Coverno dell'Amara lia disposto' 
che si crei e si mantenga, tutto intorno ai CasteUi, — 
dei quali si e iniziato, non ha guari, il restauro con 
criteri di sana discrezione e buon gusto — una oppor- 
tuna « zona di rispetto », sufficiente a isolarne I'insieme 
architettonico, vietando che si compiano neUe loro 
adiacenze lavori in muratura, tagli di piante, ecc, 
capaci di turbare Tarinonia dell'ambiente. E' pure in 
corso la sistemazione a parco ed a giardino delta zona 
suddetta, valorizzando i gruppi di alberi gia esistenti e 
aggiungendovi arbueti e piante ornamentali, spazi te- 
nuti a prato e macchioni di fiori. 

L'Autore, capo deU'Ufficio Studi, costituito in Gon- 
dar nel luglio '37, si e — lavorando in situ — proposto 
di owiare all'aseenza, finora lamentata, di un libro, 
tra i molti che su Gondar hanno qualche capitolo, in cui 

8 



I CASTELLI DI GONDAR 



siano illustrate, meno sommariamente, le famose rovine 
della citta imperiale. 

Oltre il confronto delle informazioni, raccolte fra 
gli indigeni, ecclesiastici e laici, con le fonti citate in nota 
e in Appendice, ban giovato a chiarire divergenze e incer- 
tezze, suIla destinazione dei diversi edifici, i rilievi e i di- 
segni del Centurione Zacchia, di cui merita lode la pa- 
ziente fatica. 

Per la parte aneddotica e quella leggendaria, non 
d parso all'Autore di dovere ripetere quanto gia, egre- 
giamente, ebbe a dixne il PoUera nella sua bella scelta di 
storie gondarine (1). 



Gondar, Estate 1938 



(1) V. AuiEBTO PoLLERA : StorM Uggendt c favoU del paeM dei iVcgiu. Ed. Bem- 
porad. Fiienze 1936. 



I. 

LA CITTA' DEI CASTELLI 



Gondar e, essenzialmente, la citta dei castelli. 

Son piu di una diecina, con quelli dei dintorni. Grandi, 
mezzani e piccoli : taluni quasi intatti, nella apparenza 
almeno delle Hnee esteriori, fieramente stagliantisi sul 
crinale dei colli ; i piu, cadenti e invasi daU'intrico dei 
rovi, buon rifugio ai rapaci della terra e dell'aria. Tutti, 
awolti nel fascine delle vecchie leggende ; tutti — in 
questo paesaggio che pbtrebbe esser umbro o abruzzese 
od irpino, se non fosse la nota esotica dei cacti, delle tuie 
giganti, degli alberi del pepe — tutti, recanti, ad onta 
delle curve moresche di qualche cupoletta e di qualche 
&nestra, una comune impronta sudeuropea : nostrana. 

Si chiamano, difatti, « castelli portoghesi », benche, 
in realta, essi siano di epoca posteriore a queUa del pe- 
riodo nel quale I'iniluenza dei pieti lusitani parve avere 
trionfato nella grandiosa impresa di togliere alio scisma 
i cristiani etiopici, ricondurli all'ovile deUa romanita ed 
iniziarii all'ordine civile di Occidente. Ma se questi edi- 
fici — costruiti in gran parte nel piu tardo '600 o nei primi 



11 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

decenni del secolo seguente, per ospitare il fasto degli 
stessi sovrani persecutor! del Cattolicismo: Fasilides I'apo- 
stata, Bakafa, Yasu I (1) — non son dovuti all'opera 
dei Padri gesuiti come le grandi chiese di Gorgora e di 
Fremona, e vi haano messo mano arabi e levaatioi, porto- 
ghesi di origine, benche abissinizzati, furono certamente 
molti degli artigiani che, nel tufo rossastro, scavato qui 
dattorno, tagliarono e squadraroao le pietre degli sti- 
piti, delle scale, dei portici, che meglio ban resistito al- 
Fusura del tempo e aUa furia derviscia. 

Ed invero, sappiamo che per quasi due secoli i meticci 
dei primi quattrocento guerrieri veauti in Etiopia con 
Cristoforo Cama, a difender la Croce coatro la Mezzaluna, 
durarono fedeU al nome ed al ricordo dei loro awentu- 
rosi ascendenti europei, fornendo ai re di Condar i mi- 
gliori artigiani e i soldati piu esperti nell'uso dei moschetti 
e delle colubrine, importate da Coa (2). 

Poi con I'andar del tempo, quei De-Susa, De-Silva, 
De-Carvalho, De*Castro, sempre piii scnri in volto, persero 
la memoria e Torgoglio degli avi ; furono riassorbiti nella 
massa dei neri, benche non sia difficile incontrare ancor 
Qggi 3ul mercato di Gondar e perfino nel Goggiam, qualche 
tipo inconsueto, dalla faccia oUvastra, dal naso dritto e dai 



(1) V. in App«zidice, lo Specchio genealogico dei sovruu di Goadar, nei Mcoli 
Kvii e xvni. 

(i) V. in Appetidice, gli eatiatti d«l Padre Emanuele de Almeida e del viaggiatoro 
■Goizeae James Bzuce. 



12 




I.A CITTA IMPEHIALE Df GONDAR. 



) (1730-1755). 



Edifici principali : 

1 — Castello di FasiHdes (1632-1667). 

2 ' — Piscina di FasiHdes. 

3 — Castello di 'Yasu 1 U Grande o « della Sella y 

4 — CastelJetto di Fapiljdes. 

5 — Biblioteca di Tzadich Yoannts (1667-1682). 

6 — Cancelleria di Tzadich Yoannes. 

7 — Casa del belluario. 
B — Celle dei leoni. 

9 — Casa fi del canto » dell'Imperatore David (1716-1721). 

10 — Castello di Bakafa (1721-1730). 

11 — Palazzina dell'Imp era trice Mentuab (1730-1775). 

12 — Bagno turco. 

13 — Casa « degJi sponsali » o « del bistro ». 

14 — ChJesa di Attatami Cuddus Micael (S. Micbele il Bello) (1716-1721). 

15 — Casa del Capo della cavalleria. 

16 — Roviae della chiesa di Ghengiabiet Mariam. 

17 — Castello di Ras Micael Sehul (sec. xvm). 




Lfi 12 Pone : 



X. — Gian Tekkel Berr (Porta della Giarra Grunde). 
II, — Uomber Berr (Porta dei Giudici). 

III. — Tescaro Berr (Porta delle Coinnieinorazioni funebri). 

IV. — Azzasc Tucurie Berr (Porta del Ciambellano Tucurie). 
V. — Addanagher Berr (Porta delle Filatrici), 




VI. — Quaali Berr (Porta del Bistro). 

VII. — Imbiltix Berr (Porta dei Musicanti). 
VIII. — Elfign BeiT (Porta della Stanza segreta). 

IX. — Ras Berr (Porta dei Capi)* 
X. • — HegliV Berr (Porta dei Piccioni o delle Regalie). 

XI. — Incoic Berr (Porta della Principessa Incoie), 
XII. — Glienibgiabiet Mariam Berr (Porta del Tesoro della Casa di Maria). 



I CASTELLI PI GONDAR 

capelli lisci (1). Ma, tornando ai castelli, chiunque li abbia 
ideati, e evidente che sono roba di casa nostra, e percio, 
in questa terra, tanto piu suggestivi : documenti, essi pure, 
della incapacita del pigrissimo popolo del Leone di Ciuda 
a creaie e a produrre qualche cosa di suo. 

A parte queste considerazioni, non prive di portata 
poUtica e sociale (possiamo dedicarle, utUmente, ai signori 
che, in Europa, continuano a piangere sul crollo, brutal- 
mente causato dalla nostra « barbarie » di uno Stato afri- 
cano « di antica civilta ») resta il fatto che Gondar, fa- 
vorita dal clima e dalla vicinanza prestigiosa del Tana, 
avra, valorizzata con cura intelligente, un brillante im- 
mancabile awenire turistico. 

Intanto, U privilegio di gustare ancor vergine, I'emo- 
zione, ormai rara, di una quasi scoperta, e riservata a 
quelli che, mentre sta nascendo la nuova citta nostra, 
salgono, per motivi di servizio o di studio, alia vecchia 
metropoli dell'Impero Etiopico, per la strada di Om- 
Ager o per quella di Debarech. 

Se appena sia fornito di quel senso romantico del 
pittoresco e dell'awenturoso, che — anche in tempi di 
dure e prosaico realismo — fa i veri « coloniali » (sempre 
tin po', a modo loro, poeti, e sognatori di una vita diversa) 
chi, dopo un ormai facile percorso in automobile, giunge, 
verso il tramonto, nella conca di Gondar, non puo sottrarsi 



(1) Sulle vicende della comunitik portogheee, dopo la cacclata del Gcsuiti v. 
Appendice, la relazione di P. Melcbiorre da Silva. 



13 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

alia magia e all'incanto del grandioso scenario che lo ac- 
cogUe e circonda. 

£ — come da ragazzo, sfogliando di quel libri di 
viaggi ottocentesclii con le incisioni colorate a mano, 
di paesaggi, di caeca, di banchetti, di zufiTe — segueudo 
il gioco della fantasia e indotto ad evocare tutto un mondo 
scomparso, e a popolare di ori, di velluti e corazze, di 
cappelli piumati, di archibugi, di picche, i cortili e le piazze 
della citta imperiale quale ce la descrivono gli antichi 
viaggiatori, prima cbe la fanatica xenofobia abissina ne 
vietasse Faccesso, gelosamente, ai biancbi. 

Ne la constatazione che, all'infuori dei ruderi, nulla 
piu soprawive del passato splendore nel tripHce villaggio, 
dai tuguri di fango, che accoglie, separati dalla fede e 
dagli usi, ma accomunati tutti nella stessa sporcizia, i 
copti, i mussulmani e gli israeliti neri (1), delude il viag- 
giatore, che ha letto e che ricorda (2). 

E' una storia istruttiva, oltreche romanzesca, quella 
dei Portogbesi in Africa Orientale, come ce la raccontano, 
in tutti i suoi dettagli e le sue fortunose ed alterne vi- 
cende, le lettere dei Padri della Compagnia di Gesii, cbe 
ebbero tanta parte in quegli avvenimenti. ' 



(1) I « Keilik D, o « Faleacift » (terminequesto che serve a desi^are gli orefici ed 
i fabbri aache non israeliti) fonnano un gruppo chiuso, fedeli alle piu antiche tradi- 
zioni mosaiche, dispreszati e temuti da copti e musBulmani, perchd li si auppone 
eaperti in malefizi, 

(2) La popolazione di Gondar, nel tempo del suo maggiore splendoref avrebba 
Buperato le 60.000 anime. Era scesa a 6,000 negli i;i]tiim decenni precedent! la nostra 
occnpazione. 



14 



I CASTELLI DI GONDAR 



Fu circa il 1540 che, chiamati in aiuto contro I'Emiro 
Gragn (1) — il terribile capo mussiilinano dei Dancali 
che si era impadronito' di meta deU'impero (2) — i Por- 
toghesi, i quali ormai da cinquant'aimi si erano stabiliti 
lungo le coste indiane e avevano frequenti traffici col 
Mar Rosso, sbarcarono a Massaua, accolti e salutati come 
liberatori dai « fratelli cristiani », martoriati dall'Islam. 

Li comandava il nobile Cristoforo De-Gama, della 
famiglia del celebre navigatore Don Vasco, Grande Am- 
miraglio di Sua Maesta Fedelissima. 

Con i suoi moscbettieri, Cristoforo De-Gama sail 
suU'altopiano, e unitosi alle forze che tenevano il campo 
contro il crudele Emiro, lo affronto, sconfiggendolo nella 
prima battaglia (3) ; ma, alcuni mesi dopo, il capo mus- 
sulmano, tomato alia riscossa con I'aiuto dei Galla, lo 
prese a tradimento e, avutolo in sue mani, lo fece tor- 
turare e gli mozzo la testa (4). 

Tuttavia i Portoghesi restarono al servizio del Ne- 
gus Galaudeus, col quale continuarono la lotta contro il 



(1) Mohamed Gragn, o il « mancino », non era che im gtiemero deU'Emiro di 
Harar, del quale era riuBcito a sposare la figlia, diventaudone, quindi, Terede e il 
Bnccessore, Intelligente e audace. egli si fece capo di tutti i Musaubnani, band! la guerra. 
aanta e per quasi vent*aiuii devastd TAhissima con un potente esercito di cui gli Adal 
o Dancali gli fornivano il nerbo, tnentre i quadri eran tratti dagli Arabi costieri. Aveva 
al BUG servizio anche artiglieri turcfai, e non gli fii difficile, con il loro concorso, sgomi- 
nare le bande dei Negus e dei Ras, armate solamente di lance, spade e frecce. 

(2) Nel 1529, aveva invaso e sottomesso lo Scioa; nel 1533, gran parte dell*Amara; 
nel 1534 il Tigr&, ad eccezione di alcune zone piii impervie. 

(3) Ad Ainab^, .presso rAscianghi, il 25 marzo 1542. 

(4) II 28 agosto 1542, nella battaglia di Voffda. 



15 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Gragn, riuscendo finalmente a disfarne I'esercito in un 
combattimento in cui lo stesso Emiro fu ucciso a moschet- 
tate da un tal Pedro Leon, gia fedele scudiero di Cristo- 
foro Gama (1). 

Naturalmente, in seguito a questi avvenimenti, i 
Portoghesi (che non rimpatriarono ma, come si e accen- 
nato, unendosi ad indigene, crearono una folta comuuita 
meticcia) riuscirono a ottenere la fiducia e il favore dei 
capi del paese e dello stesso clero, poco esparto in mate- 
ria di teologia e di dogmi. 

Intorno al 1550 giunsero in Etiopia i primi missio- 
nari che per un cinquantennio, ma con scarso success©, 
percorsero le terre del Tigrai e deU'Amara fondandovi 
le prime « cristiauita », o parrocchie (2). 

Ai primi del '600, grazie alia intelligenza ed al grande 
ascendente di un Padre — Pietro Paez, geniale costruttore 
e colonizzatore, aweduto politico e, al bisogno, anche 
medico — r i Gesuiti videro i primi buoni frutti della loro 
paziente, metodica fatica. Alia Corte imperiale I'influenza 
cattolica guadagnava ogni giorno illustri zelatori ; an- 
che fra i preti copti molti si convertivano, i figli dei no- 
tabili accorrevano in folia alle scuole fondate dai Padri 



(1) II 21 febbraio 1543, in localiti non precisata (forse presso Bet Ishac, nel 
Vogher^). 

(2) La prima e piil importante lii qnella di Fremona nel cuore del Tigisi, a quat- 
tro migUa da Axnm. latomo ad una chiefla dedicata a S. Giorgio, vi avevano dimora 
piii di cento famigUe, diacendenti in gran parte dai compagni del Gama. 11 borgo era 
protetto da un baatione e da torri, annate di epingarde e piccoli cannoni* 



16 




La cilta imperiale di Gondar 






Gondar: Veduta d' insieme della Cifta 
imperiale dalla chiesa di Medanie - Alem. 



(Sotio) ■ CiKa Imperiale: Castello 
di Fasilides M Grande 






i^asKi:^:;'.^!^"'^— 



I CASTELLI DI GONDAR 



Portoghesi presto le loro chiese, tutte fortificate, veri centri 
di vita commerciale e artigiana, oltre che fari di romanita. 

II trionfo cattolico fu anche piu clamoroso quando, nel 
^25, rlmperatore Susenios fece pubblicameiite atto di som- 
missione per se e per i suoi sudditi al Vicario di Pietro. 

Ma, nel frattempo, morto I'abile Padre Paez, man- 
caroiio i cattolici di un capo popolare, pratico deiram- 
biente, ainato dagli indigeni, e quando sopraggiunse, 
in veste di Patriarca, il Padre Alfonso Mendez — dot- 
ti-isimo teologo e santo sacerdote, ma igncrante deirAfrica, 
aspro ed intollerante — la reazione dei copti divampo vio- 
lentissima, L'insurrezione armata di parte dell'Amara 
fu dapprima repressa inesorabilmente e molti tra i ribelli 
furoao giustiziati, cio che valse ad accrescere Timpopola- 
rita dei preti forestieri, consiglieri del Negus, poi questo, 
di carattere debole ed oscillaate, pur restando fedele, per 
proprio conto, a Roma, per paura o stanchezza, fu in- 
dotto ad abdicare, dope avere riammesso il culto ales- 
sandriao, con un nuovo decreto che, in pratica, annvillava 
Taltro con cui rimpero era tomato a Roma. 

I! di lui successore Fasilides (BasUio), si fece ad- 
dirittura capo degli scismatici, perseguito i cattolici (1), 



(I> Seaibra che a confermarlo neH'odio anticattolico, anche dopo I'esilio di tutti 
i Geftuiti* abbia contribuito la subdola induenza di un medico anseatico, di oome Peter 
Heyliog, salito a grandi onori alia corte di Gondar, luterano artabbiato, alia ctiiisti- 
gazione ai dovrebbe. fra Taltro, il martirio dei Padri Cappuccini francesi, Cassiano ed 
Agatangelo, nel 1638. (V. in Appendice, il racconto del P. Torquato Parisiani). 

17 



ALESSANDRO ATJGUSTO MONTI DELLA CORTE 

esilio i Gesuiti e ne fece distruggere le varie residenze ; 
tra I'altre, quella splendida di Gorgora sul Tana, di cui 
restano ancora inipoueuti rovine (1). 

Vi furono episodi di eroica resistenza, non manca- 
rono i martiri ecclesiastici e laici, ma, in meno di un 
(juinqueiinio, andarono dispersi e furon cancellali, quasi 
completamcDte, i risultati dell'apostolato, religiose e 
civile, dei tenaci pionieri, figli di Sant'Ignazio, fra i quali 
si ricordano numerosi Italiani (2). Ad essi — o ai loro 
aUievi — I'Etiopia, a ogni modo, deve il suo modestis- 
simo patrimonio archeologico — oltre le millenarie 
antichita axuniite — le poche costruzioni in mattoni 
ed in pietra, i ponti audacemente lanciati sui suoi fiumi ; 
ilmondo occidentale, le prime non fantastiche cronache 
e relazioni su una parte dell'Africa ancor oggi mal 
nota (3). 



(1) V. Kelazione del P. Lui^i di Azevedo S. J., del 3 lugtio 1619, Sulla fonda- 
zioae deUa cattedrale di Gorgor^ m«Rerum Aethiopicanim Scriptores », vol, XI» 
pag. 412 e segg. 

(2) Fra i venti gesuiti che si trovavano in Etiopia quando comincio la persecu- 
zioDe anticattolica, promossa da Fasilides, ve n'erano sei italiani (c Nolizie e saggi di 

Opere e documenti inediti riguardanti la Storia di Etiopia », Roma, Ed. ultaliaBan* 
1905) ed eraao italiani due dei tre francescani, lapidati presso Gondar nel 1716, dai 
fanatici copti (v. in Appendice, la relazione del Bruce). 

(3) In particolajc : la Storia d'Etiopia del P. Pietro Paez ; i Tre Trattati Storici 
del P. Emanuele Barradas, la Historia de Aethiopia a aba del P. Emanuele da Al- 
meida, a cui si deve pure una mappa, geograficamente precisa, dell'Impero Abissino ; 
ed i tre Ubri della Spedizione EtiopUa, del Patriarca Alfonso Mendez, la cui edizione 
critica h stata curata dai P, Camillo Beccari S. L nei 15 volumi della monumentale 
raccolta Rerum Aelhiopiearum Scriptores Occidentales inediti, Ed. C. De Luigi, 
Roma 1903. 



18 



11. 

GLI EDIFICI BELLA CINTA IMPERIAL E 



II piu importante insieme monumentale di Gondar 
€ costituito dai vari edifici compresi nella cinta fortifi- 
cata, di quasi due chilometri, fatta erigere nel 1634 dal- 
rimperatore Fasilides, sul colle da lui scelto per fon- 
darvi la nuova capitale del suo Stato (1). In tale cinta 
si aprivano dodici porte, ognuna delle quali serviva solo 
in determinate occasioni e per I'accesso di determinati 
personaggi : vi era queUa riservata all'Imperatore, quella 



(1) La capitale, prima, non aveva sede fissa. L'Imperatore Susenius, dimorava 
«olitamente presso Daucas, a Gomneghi^, dove si era fatto costruire una casa in pie- 
tra, o a GuzarS, presso U fiume Amo, nel castello edificato per ritaperatorc Serze- 
Denghel (1563-1597) che puo considerarsi, forse, i\ primo modeUo di tutti i posteriori 
castelli " portoghesi ». Per una profezia, fatta a Lebae-Den5;hel (1508-1540) la dina- 
stia imperiale doveva avere U proprio piu splendido sviluppo in un luogo il cui nome 
corainciasse per ic G. i>. Alcuni eruditi indigeni preteadono che il nome di Gondar de- 
rivi dalla paroia tigrina che serve a desigiiare il verme aolitajio, « Gooderk », ma i dotti 
gondarini respingono indignati tale etimologia e fanno rilevaie che in lingua Fala- 
scia « Gon B vuol dire t governo », e « dar » lisponde a « costola n. E, in appoggio di 
questo, paragonano appunto all^ossQ di una costola la dorsale clie parte daJ monte 
Atenagher, e volge verso Sud, fra il Caha e I'Angareb, finche qu«sti si tmiscono insieme 
nel Maghesc (v. Arnauld d'Abbadee - Douse ajis dans la Haute Ethiopie - Paris, 
Hachette, 1848). 



19 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI BELLA CORTE 

per il clero, quella per i cortei nuziali dei principi, quelle 
proprie dei capi delie varie regioni (1). 

Peaetrando nel recinto dalla porta piu vicina a 
quella imperiale, che attualmente e ostruita, ci si trova 
di fronte al piu antico e al piu grande dei castelli di 
Gondar, quelle fatto innalzare dallo stesso Fasdides, con 
I'ausilio — secondo la tradizione locale — di cento ar- 
chitetti ed artisti stranieri, tra i quali numerosi meticci 
portoghesi, la cui pianta ha servito, su per giii, di modello 
a tutte le costruzioni posteriori. 

A poca distanza dal castello di Fasilides sorgono due 
padiglioni minori, ora in gran parte diruti, che si vo- 
gliono fatti costruire dal figlio e successore di Fasilides, 
Tzadich Yoannes (Giovanni il Santo, 1667-1682), 

II primo di questi edifici, di struttura piii elegante 
e piii ornato, sarebbe stato adibito a Biblioteca, I'altro a 
Cancelleria. Imniediatamente adiacente alia Biblioteca 
e il muro esterno del castello detto « della Sella » fatto 
costruire dal figlio di Yoannes e nepote di Fasilides, Yasu 
il Grande, e cosi chiamato per la forma caratteristica deUe 



(1) Partcndo dalla portA prmcipale — la Gian Ttcthef-Berr (porta della Giara 
grande) che serviva esclusivameJate al sovrano e si apriva di fronte al castello di Fa- 
silides — le altre si susseguivano nellVrdiue segnente : la Vomber-Berr o dei « giu- 
dici s ; la Tescarh-Berr^ o u delle connnemorazioni funebri w ; la Azzasc Tucurii Berr o 
fl del ciambellaiLO Tucurie b ; la Addancgher Berr, o u delle filatricj u ; la Elfign Berr, 
o « detia stanza segreta » ; la Ras Berr^ o « dei capi » ; la Ie-Reg*v Berr^ o k dei pic- 
cioikit) (delle regalie) ; la Incoii Berr^ o « porta della Principee&a lucoie » (cogl chia- 
mata in memoria della madre della Imperatrice Mentuab); la Ghembgia-Biet Mariam 
Berr, o a del tesoro della Caaa di Maria u. (V. a pag. 12-13 11 Piano Generale della 
Citt^ imperiale). 



20 



I CASTELLI DI GONDAR 



sue volte. Proseguendo oltre il castello di Yasu si incon- 
trano i resti di un piccolo edificio turrito che avrebbe 
servito come sede provvisoria a Fasilides durante la co- 
struzione del castello luaggiore. Continuando a sinistra 
nel giro della cinta, si incontra un altro gruppo di edifici 
abbastanza ben conservati ; quelli che risalgono al Re- 
gno del Negus Bakafa (1721-1730) e della sua consorte 
Mentuab del Quara, che, dopo la sua morte, resse a lungo 
rimpero. II castello di Bakafa, di forme piii basse e al- 
lungate, con cortili compresi fra muraglie merlate, e 
queUo che sembra maggiormente arieggiare lo stile delle 
costruzioni occidentali, benche con evidente ritardo. La 
palazzina deU'Imperatrice Mentuab e riccamente ornata 
di riquadri e cornici in pietra rosa, analoghe a quelle 
della villa di Cusquam fatta costruire, in epoca ante- 
riore, dalla stessa famosa principessa. Fra il castello di 
Yasu e quello di Bakafa, gli indigeni additano tre 
ampie celle a fior di terra, nelle quali Fasilides avrebbe 
fatto custodire i suoi leoni e accanto ad esse i resti 
di una casa che avrebbe servito di abitazione al loro 
guardiano. 

Un'altra palazzina o castelletto minore, allineato 
con quello deU'imperatrice Mentuab, sarebbe stato fatto 
costruire dal Negus David III, — figlio terzogenito di 
Yasu il Grande — ed e generalmente note sotto il nome di 
« Debbal-Ghemb «, o casa « del canto » e « dell'allegria ». 
Dello stesso periodo e la « Casa del Bistro » adiacente alia 
porta di uguai nome ed origine. 



21 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI BELLA CORTE 

Ne va dimenticato, tra i piii caratteristici, un pic- 
colo edificio, a uso di « bagno turco », munito di condotti 
per il riscaldamento e — stando a cio che dicono i « ci- 
ceroni » indigeni — adibito alia cura del « chittign », o 
sifiUde, malattia diffusissima tra i grandi d'Etiopia. 

Segue, piii in basso, e in margine della cinta imperiale 
(sempre, pero, compreso all'interno di questa) un gruppo 
di rovine male individuate, che sono quanto resta dei 
ricchi padigboni nei quali Yasu II, figlio di Mentuab, 
profuse grandi somme, come racconta il Bruce, per le 
rifiniture e gli ornamenti interni, senza curarne molto la 
struttura esteriore (1). Infatti, meno solidi dei castelli 
piu anticLi, tutti questi edifici, che non hanno due secoli, 
sono ridotti a cumuli informi di macerie. Fa eccezione, 
nell'angolo estremo della cinta, una casa a due piani, 
in buono stato di conservazione, con una scala esterna 
tuttora praticabile. La tradizione vuole che questa co- 
struzione, il cui stile s'intona con quello dei castelli, sia 
stata la dimora del capo della guardia, della summento- 
vata Iteghie Mentuab : un armeno, salito a grandissimi 
onori. Quanto alia chiesa di Cuddiis Micael, che mostra 
quasi intatto, in un vasto cortile, un saldo quadrilatero, 
con archi alia latina e bifore ogivali, in cui si riconosce, 
piii che altrove, I'impronta del gusto occidentale, la si 
fa risaUre al Negus David III. 



(1) V. in Appendice il brano relative. 

22 



I CASTELLI DI GONDAR 



Isolato, a due tiri di schioppo dalla cinta, sorge un 
altro castello — il piccolo « Ras Ghemb » — che fu 
la residenza e, insieme, la fortezza, del vecchio onni- 
potente « prefetto di palazzo », ras Micael-Sehul, Signore 
del Tigrai, il quale tenne sotto la sua grave tutela i 
deboli sovrani successori di Yasu — Yohas, Yoannes II, 
Tecle Haimanot II — da lui, per i suoi fini, innalzati o 
deposti (1). 

Alia citta imperiale — che doveva comprendere, oltre 
quelli accennati, parecchi altri edifici, adibiti all'alloggio 
dei grandi ed ai servizi : quali corpi di guardia, caserme, 
magazzini — appartengono pure le due piccole chiese di 
Ghemgiabiet-Mariam e Abba Tecle Haimanot. Nei pressi 
della prima (tutta ricostruita, in epoca recente e con mezzi 
modesti, su una parte soltanto dell'area primitiva) vi e la 
tomba di pietra che, per pietosa cura del Console Di Lauro, 
ricorda un Mr. Plowden, console o agente inglese, assassi- 
nate a Gondar circa ottant'anni fa (2). 

Anche la chiesa di Medanie-AJem, che si trova alio 
esterno della cinta piii antica, storicamente e parte del 
nucleo originario. 

II tempio, venerato come il primo di Gondar, e fra 
i pochi sfuggiti alia devastazione compiuta dai dervisci. 



(1) V. io Appeadice lo Specchio genealogico e cronologico dei SovTani di Gondar 
nei secoli xvii e xvni. 

(2) II Plowden, grande amico di Teodoro II, prima che in questi si manifestasse 
la foUia sanguinaria che doveva poi perderlo, fu ucciso in circostanze non ancora chia^ 
rite, da un gruppo di ribelji alio stesso sovrano. 



23 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

sotto il Negus Giovanni, ma era stato rifatto quasi comple- 
tamente, tre o quattro lustri prima, da Teodoro H, sicche, 
attualmente, per la sua struttura, esso non e diverso dalle so- 
lite chiese a pianta circolare di costmzione indigena. Le visto- 
se pitture che coprono Finterno sono anche esse recenti. Al- 
cune, ad ogni modo, possono interessare perche, con evi- 
denza, appaiono ispirate ad antichi modelli cattolici e 
nostrani (1). 

Ma passiamo a descrivere uno ad uno, e in dettaglio 
i diversi edifici gia passati in rivista : quelli che — se ci 
e lecito servirci di un tale nome per designar la sede di 
Cesari africani — formano il « Palatine » dei Sovrani di 
Condar. 

Castello di Fasilides. 

II Castello che ha nome dall'Imperatore Fasilides (2) 
si eleva, assai imponente neUe forme massicce, in mura- 
tura di pietrame e calce. Rettangolare, ha gli angoli rinfor- 
zati da torri a pianta tonda, che si assottigliano di assai 
verso I'alto, in forza di due successive riseghe che le sud- 



(1) Da rkordare, a titolo di curioii^ita folcloristica, il pannello votjvo* postovi ul- 
timamente, a commemorazione dei restauri compiutivi a spese del Governo, quando il 
tempio fu eretto a sede vescovile, e in cui Tartista indigeno ha voluto esaltare nella 
tradizioaale e ingenua sua maniera, la potenza beaefica del dominio italiano. 

(2) Spesso, tutto il complesso dei diversi edifici compresi nel perimetro della 
einta imperiale, e stato ritenuto come un solo castello, a cui si h date appunto il nome 
di Fasilides, mentre piu esattamente a questo imperatoie va attribuito solo I'edilscio 
piu antico, in effetti il piu tipico e meglio coaservato. 



24 



I CASTELLI DI GONDAR 



dividono, rispetto all'altezza, in tre sezioni diverse, I'ul- 
tima delle quali e sormontata da una cupola di forma ogi- 
vale, formata di un impaste di buona calce idraulica, sab- 
bia, pietrisco e ciottoli. Verso Pangolo sinistro del prospetto, 
e addossata ad una delle torri rotonde (che, per la loro 
forma, son dette « inculal-ghemb » che vuol dire, in amarico, 
« torri, o case, dell' uovo ") si eleva sulle altre una quinta 
torre quadrata, merlata all'europea, come merlata e pure la 
parte superiore delle mura che formano il resto del perime- 
tro, U quale, nel complesso, e di 200 metri. 

Internamente il Castello e diviso in tre, per tutta la 
sua lunghezza, da due muri maestri, e, rispetto all'altezza, 
in due o tre piani comprendenti due androni terreni, una 
gran sala e due minori ai piani superiori, oltre i piccoli 
ambienti ricavati nei diversi piani deUe torri. Sulla fac- 
ciata principale correva una balconata di legno, cor- 
rispondente al primo piano. Una loggia piii piccola sporgeva 
dal torrione e, di lassii, il Sovrano si mostrava al suo popolo, 
assisteva alia feste e rendeva giustizia. A prima vista I'edi- 
ficio appare in buoQO stato di conservazione, per quanto vi 
manchino porta a finastre, ma nall'interno ara tutto una 
rovina, prinia che se ne fosse intrapreso il restauro, per 
felice intuizione del Governatore Mezzetti. Franata la 
copertura a terrazza, un tempo sostenuta da volte, fra- 
nati i pavimenti, appoggiati su enormi tronchi di tuia. 
La decorazione interna doveva essere semplice, formata 
da un intouaco di calce levigato, di tinta avorio unita, 
con una larga fascia, a fregi verdi e rossi, lungo I'imposta 



25 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

della volta e lo zoccolo. Particolarita interessante, alcune 
piccole nicchie ricavate nel muro alle testate di ciascuna 
sala, ad uso di armadietti e ripostigli vari per serbarvi sto- 
viglie ed oggetti preziosi, medicine e amuleti a evitare il 
malocchio. Molte coma di hue, piantate tutto intorno, 
servivano ad appendervi le armi, le fiasche e i panni. 

La scala che conduce al prime piano e esterna, ripida 
e rovinata, ma tutt'ora accessibile. Nessun laterizio figura 
nella costruzione, ma gli archi delJe porte e delle finestrt, 
che sostenevano il piano deUe terrazze sono formati di la- 
stre di una specie di tufo o di arenaria color rosso-vinato, 
che si estrae ancora adesso nei pressi di Cusquam. E' que- 
sto un materiale facUe da trattare, che, per il suo colore, si 
distacca e risalta sul fondo grigio-scuro delle nmra di pie- 
tra, di cui forma la sola guarnizione esteriore, mentre al- 
Tinterno, accanto alle nicchie gia dette, e visibile ancora 
qualche motivo in stucco, di gusto arabizzante, e, parti- 
colarmente I'emblema salomonico della stella a sei punte. 

Faceva pure parte dello stesso edificio, com.e un pro- 
lungamento od un corpo avanzato, un lungo fabbricato 
era tutto in rovina, ad uso di caserma per la guardia impe- 
riale, alia cui estremita, accanto aUa « Uomber Berr », una 
torre, ora anch'essa rovinata e cadente, si ergeva, ad evi- 
dente scopo di protezione (1). 



(1) Notevoli i fenomeni di natura magnetica Ofiservati in piu punti del muro della 
torre, vicino al quale I'ago della bussola impazxa^ con improwiai abalzi fiuo di 80 gradi, 
dovuti alia presenza di tnolta magnetite uel ba&alto impie^ato ia questa costruzione. 



26 



I CASTELLI DI GONDAR 



E' adiacente al Castello una grande cisterna o piscina 
coperta, la cui volta e crollata e che — second© quanto 
raccontano gli indigeni — serviva per i bagni e i sollazzi 
imperialj e per I'allevamento di pesci prelibati, che il Negus, 
buongustaio, si divertiva a scegliere e a pescare egli stesso 
per la mensa di Corte. 

BiBLIOTECA DI TzADICH YOHANNES. 

La palazzina deUa Biblioteca e, purtroppo, in gran 
parte diroccata e crollata, ma dalle due facciate rimaste 
quasi intatte, e facile desumerne I'aspetto primitive (1). 
Fatto innalzare da Tzadich Yohannes, sovrano molto dotto 
e amico degli studi, questo edificio, come si e accennato, 
ha un distinto carattere di eleganza e ricchezza, ed e evi- 
dente in esse la cura specialissima degli ornamenti e deUe 
finiture : notevole, fra Taltro, rintonaco giallognolo di 
cui son rivestite anche le mura esterne (2). La costruzione 
e a pianta pressapoco quadrata, a due piani soltanto, e 
coperta a terrazza. AI pian terreno aveva tre spaziosi locali, 
di cui uno — il piu grande — diviso per il lungo da un arco 
a tutto sesto. Questo arco e costruito con i soliti blocchi di 
tufo rosso-vino, sagomati a mattoni e non intonacati, in 



(1) Ajicbe in fotograGe, prese pochi anni or sono, il grazioso edificio appare in 
buono stato, almeno esteroo, di conservazione. II guaslo deve quindi ritenersi recente. 

(2) Gli indigeni attribuiscouo la bont^ dellHmpasto all*u50, per comporlo, dcl- 
Tolio vegetale tratto dai semi dell^arbusto a niug ». 



27 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

modo da serbare tutto il loro risalto. Al piano siiperiore 
sale — o meglio saliva — una scaletta esterna, poggiante 
adla parete Nord della palazzina. 

La ripartizione dei locali del piano superiore e diversa 
da qpella dei locali terreni, salvo che per il nuniero. Infatti, 
dalla parte ove si apre Tingresso si ha un unico locale su 
tutta la larghezza, mentre al piano terreno i van! sono due ; 
la parte che sovrasta il salone terreno e invece suddivisa 
in due scompartimenti da un muro che si appoggia sul- 
rarco gia accennato. Le pareti rimaste del piano superiore 
presentano all'interno motivi ornamentali a guisa di for- 
meUe, in riUevo di stucco, che sembrano arieggiare alio 
ispano-moresco. Anche all'esterno alcune croci copte, in- 
tagUate nel tufo, ornano, in cima agli archi, le porte e le 
finestre, le cui modanature sono assai ben curate. La fac- 
ciata di Sud presenta altri motivi a forma romboidale, 
sormontati essi pure dalla croce etiopica. Un parapetto a 
giorno, a modo di transenna, corona I'edificio intorno alia 
terrazza. E' appoggiato a intervaUi ineguali a pilastri e so- 
stiene una fascia sulla quale si innalzano merli di forma 
conica, molto caratteristici. 



Cancellebia di Tzadich Yohannes. 

Anche del tempo di Tzadich Yoannes e lo svelto edi- 
ficio della Cancelleria, esso pure diruto, ma tuttavia impo- 
nente per I'atrio a grandi arcate sopra il quale si appoggia 



28 



Castello di Fasilides - Interno. 
(prima del reslauro) 





|^3 Imperiele: Casfelto di Fasilides. Parh'colare 
M'inlerno (si noH lemblema salomonico della 
•Stella a sei ounle). 



I CASTELLI DI CONDAR 



quelle che ancora resta del piano superiore, ed al quale si 
affiancano gli avanzi di una torre. Quest'atrio compren- 
deva tutto il piano terreno e in esso si trattavano 
in pubblico i processi, mentre rarchivio, al piano supe- 
riore, serviva a conservare le carte ed i registri relativi 
agli affari giuridici e fiscali. Una piccola porta laterale 
dell'atrio da accesso a una scaletta, ricavata nel vano 
della torre anzidetta, mentre un'altra piu larga la awol- 
geva all'esterno. 

Non vi son tracce della copertura che, [quasi certamen- 
te, constava di un terrazzo. Alle pareti interne non vi 
sono ornamenti, salvo il soUto intonaco spesso e ben con- 
servato. Ad Est deU'edificio correva un alto muro con 
due porte di accesso alle due estremita, limite ad un 
cortile o a un piazzale selciato. 

Castello di Yasu il Grande o « della sella ». 

II castello di Yasu il Grande o « della sella », si trova 
un poco ad Est di quello di Fasilides, dal quale e separato 
solo da un terrapieno che, forse, in altri tempi, sostenne una 
terrazza ; ha una lunghezza massima di ventiquattro me- 
tri contro circa quattordici di larghezza nel centro, e pre- 
senta pertanto una forma allungata ; pur senza essere, 
in pianta, un perfetto rettangolo. 

Al corpo principale, sulla facciata Sud, si incorpora 
una torre la cui scaletta interna, ora tutta crollata, dava. 



29 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

in passato, accesso al piano superiore. Dairangolo sinistro 
della stessa facciata si inaalza un^altra torre a base circolare, 
coa una scala esterna che le si avvita a chiocciola e che do- 
veva immettere, mediante un ballatoio di legno, anch'esso 
esterno, all'altro ingresso del secondo piano. All' angolo 
Sud-Ovest sorge una terza torre, questa a base quadrata 
naa alia quale si innesta, fino a una certa altezza, una mezza 
torretta, di forma circolare. La parte della torre quadrata 
sopravanza il seniicerchio della mezza torre e ha una carat- 
teristica volta a foggia di botte o, se si vuole, a « sella », 
alia quale il Castello deve appunto il suo noma. L'interno 
del Castello e diviso in due ambienti di diiferente ampiezza, 
comunicanti a mezzo di una porta centrale. II piii grande 
ha due porta aperte a settentrione ed una porta e una 
finestra a Sud ; vi e inoltre un'apertura che da accesso 
aUa scala della torre contigua, e 1' ingresso ha un cu- 
nicolo neUa parete ad Ovest. NeU'ambiente minore vi e 
una gran porta a Nord, una ad Est meno grande, una 
finestra ed una porticina di accesso all'altra torre nella 
parete Sud. 

Del pavimento del secondo piano, ch'era evidente- 
mente di legno, pietra e calce, non vi e piu che la traccia dei 
travi di sostegno. A questo piano tutte, o quasi, le aperture 
appaiono simmetriche a quelle sottostanti. 

Interessante, come documento di una piu raffiuata 
perizia architettonica, la copertura del secondo piano, 
ch'e ad archi a tutto sesto, molto ravvicinati, costruiti di 
blocchi di pietra sagomati ; archi che sostenevano il piano 

30 



I CASTELLI DI GONDAR 



del terrazzo e che, dove sussistono nella loro interezza, 
danno un senso di beDa e robusta armonia, cbe fa pensare 
all'opera di un autentico artista. 



« Casa degli Sponsali ». 

A oriente del Castello che abbiamo ora descritto ed 
adiacente al muro della citta imperiale si aifaccia, tra !e 
piante, la casa degli Sponsali o « del Bistro « (1), gia usata, 
nelle nozze dei principi del sangue, per i preparativi e i 
riti compUcati a cui le spose si sottoponevano, per mano 
delle ancelle e delle abbigliatrici. 

L'edificio, che e a piaata quadrata, su due piani, con 
una torre d'angolo, merlata aU'europea, e molto rovinato, 
specialmente a Sud-Est, e manca dei soffitti, totalmente 
crollati. II pianterreno, adesso in gran parte interrato, 
consta di un solo vano, di costruzione rustica, con ingresso 
a occidente, illuminato a Nord da una fenestra ogiva e da 
due feritoie. 

La scarpata su cui si appoggia il fabbricato, vi da 
accesso a livello del piano superiore, il quale e rifinito meno 
sommariamente, con le pareti interne passate tutte a in- 
tonaco e gli archi delle porte in tufo di Cusquam. 

Anche qui, in tutto il piano si aveva un solo ambiente, 
con le quattro finestre riquadrate di tufo, piii il vano deUa 



(1) « Qu^U-Biet », in atuarico. 

31 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

torre, con una scala in legno conducente al terrazzo. Nel- 
I'interno, la torre presenta altri due vani ai quali si accedeva, 
grazie a una scala esterna essa pure di legno. 

Caratteristico e ringresso esteruo della « Casa del Bi- 
stro » sulla strada di circonvallazione della citta iniperiale, 
con porta ad archivolto e piccolo locale di guardia sovra- 
stante, al quale si saliva per una stretta scala in pietra 
rosa e calce, appoggiata alia cinta, cbe, essendo parallela 
a un lato della casa, serviva a darvi accesso inediante un 
corridoio. 



PaDIGLIONE « DELL'aLLEGRIA i> O « DEL CANTO ". 

II vasto padiglione, « delFallegria » o « del canto », 
che, come si e gia detto, risalirebbe al Regno del Negus 
David III — periodo, nella storia cosi fosca di Gondar, 
di pace relativa, e percio celebrato dai cronisti locali come 
un'era di gioia e di spensieratezza — forma un lungo ret- 
tangolo (metri 12,50 per 30) ed aveva due piani, ma es- 
sendo I'inferiore parzialmente interrato sembra basso in 
confronto deUa lunga facciata. Pavimenti e soffitti sono 
anche qui in rovina, e cosi la consueta copertura a terrazzo, 
mentre le mura esterne sono in discreto stato, meno che 
il lato Sud, in gran parte distrutto. Un muro divisorio 
taglia la costruzione per tutta la lunghezza formandovi, 
pertanto, nella prima meta, un vano lungo e stretto, 
mentre I'altra meta e divisa a sua volta in due vani 



32 




Citti) Imperiale; La biblioteca di Tzadich Johannes 




Citta Imperiaie: La bibMoleca di Tzadich Johannes 



I CASTELLI DI GONDAR 



minori, uno dei quali, all'angolo Sud-Est, quasi quadrato. 
Ciaque porte immettevano nei locali terreni, da ognuna 
delle due facciate priacipali, e due porte da ognuno dei 
prospetti minori : in simmetria con esse, al piano superiore, 
si aprivano altrettante e spaziose finestre. 




ro^ryCLi-E, O'irYfjnc.rrrjfi^/ 



Dall'angolo Sud-Est della « Casa del canto » sorge 
una torre tonda che appare quasi intatta per tutta la sua 
altezza, meno pero la cupola, rovinata dal tempo; all'altra 
estrem.ita della stessa facciata e abbozzata la base di un'altra 
torre eguale, ma deve ritenersi sia rimasta incompiuta. 

All'angolo Nord-Ovest si notano dei ruderi che la- 
sciano supporre I'esistenza, in quel luogo, di una torre 



33 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

quadrata, o, altrimenti, I'imzio di un passaggio coperto di 
comunicazione con qualche altro edificio, di cui non resta 
traccia. 

Castello del NeCus Bakafa. 

L'imponeiite Castello del Negus Bakafa che si affianca 
ed appoggia alia cinta imperiale e fa corpo con essa lungo 
il suo lalo Nord, su una estensione di cinquanta metri, e 
quello cbe colpisce, primo, il visitatore che dal centre di 
Gondar si diriga ai CasteUi. 

La notevole altezza del muro a settentrione si deve al 
disUvello fra il terrapieno interne e U terreno antistante, 
che declina e si awalla. La ripida scarpata e coperta dal 
muro che recinge U piazzale, base del fabbricato. Quest© 
ha del fortilizio, piu degli altri Castelli, per la salda strut- 
tura e per la divisione interna degli ambienti. 

Una torre rotonda a cupola ogivale fiancheggia ad Oc- 
cidents la ((Porta dei Piccioni» (1). 

Questa torre presenta la particolarita di essere cava 
solo nella parte piu alta, e si narra che in essa Bakafa « lo 
stregone » evocasse il demonio e interrogasse gli astri. 

n CasteUo comprende due locali vastissimi entrambi a 
pianterreno, che danno su un cortile trapezoidale interno, 
che si vuole adibito da Bakafa a maneggio, per uso dei 
cavalli e dei muli imperiali. A occidente due porte danno 



(1) f RegV Berr n, in amarico. 

34 



I CASTELLI DI GONDAR 



accesso al cortile attraverso due stanze, forse corpi di 
guardia, come stanno a indicare le coma di zebu confic- 
cate nel muro, a mo' di rastreUiera. 

II locale maggiore, dei due primi accennati — specie 
di galleria di quarantasei metri ■ — prende luce da varie 
finestreUe ogivali e da una gran finestra con annesso bal- 
cone. H secondo locale, leggermente minore e prospiciente 
al prim^o, molto probabilmente era una scuderia. 

Palazzina dell'Imperatrice Mepttuab. 

La palazzina dell'Imperatrice Mentuab — moglie di 
Bakafa e, dopo la sua morte, a piii riprese e a lungo reg- 
gente dell'Impero — e forse il fabbricato che meglio si av- 
vicina al tipo deUe case signorili europee, ma non del Set- 
tecento : di due secoU prima. Cio che sta a dimostrare 
come dai costruttori gondarini e meticci si continuasse la 
ripetizione, con leggere varianti, dei modelli introdotti dai 
padri Gesuiti ai tempi di Susenios, ai primi del '600, e gia 
essi stessi copie di modelli piu antichi dello stile che suole 
chiamarsi « manuehno », od indo-portoghese come vogUono 
alcuni (1). 



(1) Fu it Re Don Manuel, il Grande o il FortuntMo^ promotorc c patrono dei viaggi 
in Asia e in Africa che diedero splendorc e ricchezza al suo regno (1495-1521) a dare il 
proprio nonte al gusto architettonico che ha il suo esempio piii tipico"nel palazzo di 
Belem. 



35 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

L'edificio e a due piani, ma, appoggiato com'e alia cinta 
esterna, con il suo fianco destro, fino all'altezza del secondo 
piano, non si rivela in tutto il suo complesso se non a chi lo 
guardi dal cortile antistante. La facciata e completa neUa 
parte muraria, ricca di ornati e di riquadrature, col solito 
motivo della croce etiopica. Ha tre ainpie porte al pianter- 
reno e tre grandi finestre al piano superiore, in origine unite 
da un balcone di legno di cui sono visibili tuttora alcune 
tracce. II terrazzo e merlato solo verso la cinta, della quale 
veniva in tal modo a formare, ai fini difensivi, un settore 
rialzato. Una torre, quadrata e merlata essa pure, sveltisce 
il fabbricato, altrimenti un po' tozzo. Una torre minore, 
contenente una scala, a cupola ogivale con pilastrini d'angolo, 
aggiunge movimento e ricchezza all'insieme. L'accesso prin- 
cipale si apre direttamente nel muraglione stesso, un tempo 
praticabile a guisa di bastione, che recinge e delimita il 
raccolto cortile — pieno di suggestione quasi conventuale 
da un angolo del quale una torre rotonda si alza, 
snella e isolata come un osservatorio. Sempre in questo 
cortile, ed attigua all'ingresso, vi e una portineria, compo- 
sta di due stauze. 

II pianterreno della palazzina comprende cinque vani : 
quattro rettangolari ed il quinto quadrato, su cui poggia 
la torre. Tre di queUi e quest'ultimo si aprono s«l cortile, 
I'altro, interne, per contro, non vi ha diretto accesso. 

Al piano superiore salivano due scale : una interna, 
piu stretta e un'altra grande, esterna, a tergo della casa, 
vicino alia « Ras-Berr ». Tutta la palazzina ha le pareti 

36 



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Cilio Imperiale: Bibliofece 
di Tzadich Johannes. Parli 
colare di una parete infer- 
na con decorazioni a for- 
melle. 



Citra Imperiale : Cancelle- 
ria di Tzadich Johannes. 




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Ci(ta imperiale : Castello di Yasu o " della Sella , 



I CASTELLI DI GONDAR 



interne rifinite ad intonaco, con numerose nicchie torno 
torno alle stanze, ripostigli e armadietti di diversa gran- 
dezza. Robusti mensoloni in legno sagomato sporgono an- 
cora in alto ad indicare il luogo ove prima poggiavano le 
travi del soffitto. 

Bagno Turco. 

II Bagno turco o « stufa n al quale si e accennato si 
puo considerare come una dipendenza ed un annesso della 
palazzina. Era a due piani e aveva piccole stanze a volta 
in cui si riconoscono le antiche condutture per I'acqua e 
I'aria calda. Anche qui le pareti sono trattate a intonaco, 
di qualita eccellente e di tinta giallastra, ed ancte qui si 
notano varie nicchie nei muri, usate dai pazienti per 
riporvi le vesti mentre si assoggettavano, completamente 
ignudi, ai lunghi sofFumigi irritanti e aromatici con i qpali, 
ancor oggi, con piu o meno success©, gli abissioi combat- 
tono le afTezioni veneree. 

Attatami Cuddus Micael. 

Nel settore Nord-Est della citta imperiale, dove si 
apre la « Porta della Stanza segreta » (1 ) sorge, come si e 
detto, la chiesa palatina di Attatami Cuddus Micael o«del 



(1) a ElBgn-Berr », ia amarico, 

37 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Bel San Michele ». Le aggiunte e le modifiche in muro a secco 
e in cicca che, nel corso dei tempi, I'edificio ha subito non 
han valso a distruggerne le belle proporzioni e, senza grande 
sforzo, ci si puo immaginare come il tempio dovesse appa- 
rire imponente quando sorse, regnando I'lmperatore David. 
Vi si accedeva per un porticato di quattro archi mas- 
sicci appoggiati a due torri, delle quali una sola, benche 
guasta, sta in piedi. L'interno era quadrate, diviso in tre 
navate, mentre la copertura, ora sostituita da un tetto a due 
spioventi, di paglia, all'uso indigeno, originariamente sem- 
bra fosse a terrazzo, dell'identico tipo di quella dei castelli. 

Casa del Capo della Cavalleria. 

La casetta del Capo della Cavalleria e I'ultimo edificio 
di una certa importanza compreso nella cinta della citta 
imperiale, a monte della cbiesa che abbiamo era descritta. 
E' bene conservata, e fu infatti abitata anche recen- 
temente da qualche prete di Cuddiis Micael. E' a due 
piani, ciascuno di due piccole stanze, con una scala esterna 
in pietra grigia e calce. E' coperta a terrazzo, ma senza 
merlatura, ed in sostanza diiferisce poco da tante vecchie 
case delle nostre campagne, interessante esempio della 
assimilazioae, da parte delle classi superiori di Gondar, di 
abitudini e modi di vita europeizzanti, cancellati, per altro, 
dal rimbarbarimento seguito alia rovina dei dinasti locali 
e alia lore scomparsa dalla scena etiopica. 

38 



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Cilia ImperiaiC: 


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ana tmoeriale : Castello di Yasu il Grande. 





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Cilia Imperiaie: Cestelio di Yasu M Grande. Coper- 
fura a volta nella forrefla del I a scala. Osse rva re la 
soluzione della cupoleUa con volfine angolari a cufpa. 



I CASTELLI DI GONDAR 



Castello DI Ras Micael Sehul. 

Si e accennato al Castello di Ras Micael Sehul, cubo 
scuro e massiccio, esternamente iatatto, il quale sorge fuori 
della Citta imperiale, che sembra sorvegliare e sfidare, ad 




tm tempo, dalla vetta di un colle a Nord-Est della cinta 
da cui dista aU'incirca duecentottanta metri. Esso e coevo 
dalle costruzioni dovute a Mentuab ed a Yasu II, e fii 
covo e fortezza del temuto tigrino che con rimperatrice — 



39 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



aUeato e rivale — divise per piu lustri la somma del potere, 
fra congiure, battaglie, tradimenti e uccisioni. Le cronache 
vorrebbero clie il Ras vi fosse oggetto, mentre stava giocando 
al « gbeveta », o agli scacchi, di un fallito attentate del Negus 
giovinetto, Yohas, figlio di Yasu, cbe gli avrebbe sparato un 
colpo di archibugio, stando all'angolo estremo della cinta im- 
periale. Ma non sembra possibile,per la breve portata che ave- 
vano in quel tempo i migliori fucili, che le cose si siano svolte 
proprio eosi. Sta di fatto, a ogni modo, che Yohas fu sop- 
presso per aver complottato contro il vecchio Micael (1). 

II CasteUo, abbiam detto, ha la forma di un cubo con 
due torri rotonde ai due angoli ad Est e una torre quadrata, 
assai maggiore, ad Ovest. Una monumentale ripida scala ester- 
na si appoggia al fabbricato salendo al prime piano accanto 
a un avancorpo annesso a una torretta, coperto a botte o a 
« sella », nel modo gia descritto. II pianterreno consta di tre 
vani soltanto : due grandi sale, ed una, piu piccola, quadrata, 
compresa nella base deUa torre maggiore. II piano superiore e 
ugualmente diviso, ma ha in piii una quarta stanza, presa 
nell'avancorpo, e in comunicazione con la sala vicina per 
mezzo di un'arcata di tufo di Cusquam. Questa specie di al- 
cova e molto ben costrutta, con tracce di accurata, varia 
decorazione. II sofiitto e di legno, a travetti dipinti. 

Sul terrazzo coprente tutta la costruzione, e al quale 
si accedeva dal piano superiore per mezzo della scala in- 



(1) Nel 1769. V. in Appendices lo Specchio Cenealogico e Cionologico dei Sovrani 
di Gondar. 



40 



I CASTELLI DI GONDAR 



terna della torre si aprivano tre ambienti, due piccoli, ro- 
tondi, presi nelle torrette ed un altro nel sommo del citato 
avancorpo, comspondente in tutto a quello sottostante. 




CasteUo di Rag Micael-Sehul. — Sezione. Ricostruziooe ideaJe. 

Dal terrazzo una scala esteriore di legno conduceva al 
ripiano della torre maggiore. Questo Castello e quelle che 
appare in condizioni tali da consentirne, piii facile, un re- 
stauro e, infatti, ha continuato a essere utilizzato per di- 
mora e difesa fine agli ultimi tempi del govemo del Negus. 
Percio lo si e chiamato « Castello di Ras Cassa » nelle corri- 
spondenze e nelle descrizioni riferentisi al nostro insedia- 
mento in Condar, 



41 



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CrHa Imperiale: Casa "degli sponsaii „ o "del bistro,, 



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Planimetria del Bagno di Fasilides 



1 — Ingresso princip&le. 

2 — Ponte. 

3 — Padiglione di FaaUidea. 

4 — Piscina. 

5-6 — Scale di aceesso alJa piacina. 

7 — Casa di abitazione. 

8 — Ingresso secondario, 

9 — Canale sotterraneo di aliment azioae. 
10 — Canale sotterraneo di scarico. 




RirOSTRIIZIONE IPEALE 
»fl BJlfrNO «l mUi\9ti 
I PEUA TONBA OEL 
CAVAltO IN CONPAR 



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ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

giovane entrato troppo in grazia della matura e ar- 
dente Iteghie Mentuab, despotica tutrice del figlio mi- 
norenne. 

« Bagno di Fasilides ». 

II « Bagno di Fasilides » e in un vasto recinto a forma di 
trapezio che delle sei torrette dalle quali era ornate, ne serba 
ancora quattro in buone condizioni. Lungo il muro, in piii 
punti diroccato e abbattuto, si notano parecchie feritoie 
a difesa. Di costruzione insolita, e la doppia torretta deU'an- 
golo Nord-Est che consta di due corpi di iaeguale grandezza, 
comunicanti solo al piano superiore. L'ingresso principale 
si apre nel lato Nord, con un ampio portale sottostante ad 
un vano, molto probabilmente destinato al custode. 

II « Bagno » che ha la forma di un perfetto rettangolo di 
mt. 30 per 60 circa, profondo da due metri a due metri e 
cinguanta, e chiuso tutto in giro da un muretto di pietra 
con tre piccole porte e altrettante scalette. La piscina, dai 
fianchi rivestiti d'intonaco, e ancora alimentata dal vi- 
cino Caha, attraverso un apposito canale sotterraneo, 
mentre un altro canale serviva per lo scarico. Al centre 
del laghetto, ch'era ridotto a stagno ed ingombro di 
erbacce e di piante palustri, prima deU'attuale accurate 
ripristino, si innalza un padiglione o chioschetto a due 
piani, allacciato alia riva da un ponte di due arcate, 
protetto al sue principle da una torre di guardia, 

44 




CiTu Impericile : Parte esferng del Casrello di 
Bakafa e deiia Palazzina di Mendiah. 



L'Imperafrice MenFuab nel bdgno. (Da una /»i 
(lira (Iclla Chiesa di Addebabai Jesus), 





Casa del canfo. 



Citfa Imperiole : Casrello 

di Bakafa. Torreftri d'ango- 

!o e merl.jiurc. 







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I CASTELLI DI GONDAR 



Di questo padiglione, che, nel suo stato odierno, 
e tra i piu pittoreschi edifici di Gondar, il primo piano e 
antico, mentre I'altro, a terrazza, e stato accortamente 
e abilmente rifatto, con il piu scrupoloso rispetto del 
passato, sia nelle linee che nei materiali (1). 

L'edificio e sorretto da robusti archi a giorno che 
bagnaao nell'acqua fino a una certa altezza, formando, 
insieme, un portico e una piccola darsena. 

II piano principale compreude tre locali, uno grande 
d'ingresso con quattro finestrine e due comunicanti per 
una larga areata, con tre finestre ognuno. Una scala di 
legno conduce alle terrazze. 

Nel locale d'ingresso, dirimpetto alia porta, si apre una 
nicchia a volta riqnadrata di tufo, la cui destinazione non 
e ben precisata. 

Nel recinto, che e folto di alberi secolari, si notano 
anche i resti di un'altra costruzione, a ridosso del muro, 
a Nord del padiglione : forse I'abitazione dei servi addetti 
al bagno. 

« To MBA DEL CaVALLO ». 

La « Tomba del Cavallo », a pianta circolare di tre 
metri di diametro, coperta di una cupola ora in parte crol- 
lata, ricorda da vicino i « marabutti » islamic!. Gli indigeni 



(1) 11 ripristino del a Bagno dJ Fasilides nfuesegmto in occasione della vuita ai 
teiritori dell^mpero di S> E> il gen. Teruzzi, Sottosegretario di Stato per TA. I., nel 
giugno 19S8. 



45 



ALESSANDRO AUGCSTO MONTI DELLA CORTE 



raccontano che il piccolo edificio ai tempi di FasiJidesser- 
viva a quel monarca, quando voleva assistere, al riparo dal 
sole, aUe jjioslrf ed ai giuochi dei propri cavalieri. Forse, 
appunto jier quesla prima destinazione, Yasu la voile sce- 
gliere per deporvi ii spoglie del fedele cavallo che — nar- 
rano le crouache — lo salvo dai nemici appostati a insi- 
diarlo, portandoio al sicuro e poi cadendo esausto (1). 

Per una coiacidenza non del tutto fortuita la plana 
circostante, ridotta a campo ostacoli, e, anche adesso, 
adibita agli esercizi equestri. 



CaSA « DELLE GALLINE i). 

Poco a monte del Bagno ed in riva al Caha, dove un 
gran sicomoro apre il sue immenso ombrello, s'incontra la 
casetta detta « delle galline ». Gli indigeni pretendono che 
in essa si allevassero i polli destinati alia mensa imperiale, 
oggetto di attenzioui e di cure speciali. 

Comunque sia, si tratta di un curioso edificio, le cui 
piccole stanze, dal soflBtto bassissuno, ricordano gli alloggi 
che in certe nostre ville i gran signori del Rinascimento 
facevan costruire per i nani di corte. 



(1) Non tutti son d'accordo se di questo episodio si debba ritenere attore Yasu II, 
figUo di Mentuab, o noc piuttosto tl suo predecessors e omomjoio, Yaau 1, od il Grande, 
figliuolo di Yohazmes. Propendiamo piuttosto per la prima versione, accolta dal 
Coppet, nel 6UO dotto catalogo delle piu insigni anticbit^ etiopiche^ (V. r'Appen- 
dice della a Cronique du Regne de Menelik II >, di Guebr^ Selassie, MaisoDaeuve, 
Parigi 1932). 



46 




ABA2IA E Castello IMPEHIALE DI CLS(jLAM 



1 — Ingre.so al Ca^trUo. 

2 — Palazzo di rappre-entanza ilell' Imperatrire Alentuab. 

3 — Casa di abitaziniu- dell' Imperatrire. 
■I — Oratorio dell' Iinperatrice. 

5 — Ingresso all' Abazia. 

6 — Chiesa imperiale di llrlirf Tzaliai (ron\ento dt-l ?oK-) 

7 — Sacrestia dflla (hitsa (ura trasfi'rmata in cappella). 

8 — Casa delfAbate. 




RKOSTIIunONE l»EAU 

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IHi>E« lALE 01 CU) Q UAH 



I CASTELLI DI GONDAR 



Puo anche darsi che questo castelletto da bamJbole 
con le sue celle anguste e bene intonacate, sia stato invece 
— come il « bagno turco », a sue luogo descritto — desti- 
nato alia cura di qualche malattia, specialmente temuta 
perche piu contagiosa, ed all'isolamento di chi ne fosse 
affetto. Alcuni sfiatatoi aperti nelle volte ad intervalli 
uguali sembrano suggerirlo. 

Altrettanto puo dirsi dell'altra costruzione, di analoga 
struttura, di cui sono visibdi gU avanzi un po' piu in basso, 
sempre in riva al Caha, ed in vista del « Bagno ». 



47 




Palazzina dell'lmperalrice Mentuab 




Citra Impertale; La Palazzina di Menfuab, visla, a ^e^go, dalla 
'' casa del Capo della Cavalieria „ 



IV. 

CUSQUAM 



Per completare U quadro della Gondar antica, nei resti 
che han potuto giungere fino a noi e che non sono stati 
dispersi e cancellati dalla furia degli uomini piii che dal 
tempo stesso, ci resta da illustrare uno dei monumenti 
piu interessanti e insigni dell'Africa Orientale : FAbbazia 
ed il Castello imperiale di Cusquam, sul verde coUe omo- 
nimo, ad un'ora di strada dal Bagno di Fasilides, in un 
folto freschissimo di ginepri e di tuie, che awolgono di 
un'alta pittoresca coTtina la cinta quasi intatta della 
storica reggia della ormai leggendaria Itteghie Men- 
tuab (1). Di questa principessa, il Bruce, che la conobbe, 
henche avanti negli anni, durante il suo soggiorno alia 
Corte di Gondar, dice che era « la donna piii beUa del sue 
tempo ». Sembra che discendesse da un Ras Robel, ti- 
grino, la cui moglie, meticcia, poteva inorgoglirsi di qual- 



(1) Itteghii o Imperatrice h il titolo apeci£co spettante aUe aovraae, che, come 
Mentuab, siaao state di fatto iacoronate tali, ca«o poco frequente nella storia etiopica. 
Di regola allc mogli dei Negue, non spettava alctm raago ufficiale nft fuozione poLitica. 



49 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

che stilla almeno di sangue portoghese. E, certo, Mentuab 

— sempre secondo il Bruce — era chiara di pelle piu di 
molte europee. Fiera della sua origine, conservava nel 
cuore un saldo attaccameiito per la fade cattolica, nella 
quale peraltro era poco istruita, tanto che, nonostante 
questi suoi sentimenti, essa fondo e protesse quel « Con- 
vento del Sole » (1) affidato a ecclesiastici ed a monaci 
copti, di cui sono visibili le imponenti rovine accanto alle 
profane e mondane reliquie della sua preferita lussuosa 
residenza. 

Sette torrette tonde, sormontate da cupole, son di- 
sposte a intervalli lungo tutta la cinta che segue, in vetta 
al colle, un tracciato ovoidale e, all'interno, e divisa in 
due grandi comparti : uno dei quali appunto delimita 
il convento ; I'altro il casteUo propriamente detto. La 
chiesa, che era al centro di un piazzale rotondo, si vuole 
abbia sofiFerto le furie dei Dervisci e ne restano solo, in 
alto a una scalea, alcuni archi slanciati, di bellissimo ef- 
fetto. Era, evidentemente, a pianta circolare, con il con- 
sueto portico di colonne quadrate. Non resta traccia della 
copertura, mentre le due adiacenti costruzioni minori 

— la sagrestia e la casa deU'abate e dei monaci — sono 
entrambe coperte solidamente a cupola. La sagrestia, 
attualmente, e adibita a cappella, e vi si custodiscono 
alcuni bei messali scampati alia faitatica furia dei mus- 



(I) Debra Tzahai. 

50 



1 CASTELLI DI GONDAR 



sulmani che sembra distruggessero molti preziosi codici, 
dono di Mentuab alia sua fondazione. DaU'AJbbazia 
— alia quale si accede dall'esterno attraverso un portale 
con torrette e archivolto — si passa nel giardino, ora in- 
selvatichito, dove, presso alia porta principale d'ingresso, 
molto simile a quella del vicino convento, sussistono, fra 
mezzo le piante ed i cespugli, i superstiti ruderi di un pa- 
lazzo a due piani, con una svelta torre deUa solita forma, 
che si scorge da lungi per tutta la vallata. Questo edifi- 




Cusqnam • Bassorilievo. 

cio — aflFermano gli indigeni — serviva solamente per le 
feste e i banchetti, mentre I'imperatrice preferiva abi- 
tare nell'altro padiglione, di cui sono visibili pochi resti 



51 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



confusi, in gran parte coperti dalla vegetazione. L'edifi- 
cio maggiore ricorda il Palazzetto, pure di Mentuab, nella 
Gtta Imperiale, specie nella facciata, le cui cinque fine- 



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CiLsquam • BasBorilievo. 

stre son tutte riquadrate di blocchetti di tufo e ornate 
al sommo dalla croce copta, mentre qua e la nel muro si 
notano incastrati rozzi bassorilievi di santi e di animali (1). 

(1) Sono riconoscibili una testa barbnU, im elefante, una leonesaa, nn leone che 
r«a a cavalcioni rAbnna Samuel, santo assai popolare della chiesa abiseina. 



52 



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Cifta Imperiale ; Palszzina di Menfuab 

Avanzi delle (ravalure e del mensoloni 

di sosteano del oavimento 



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Cilta Imperiale : Chiesa di Attataml Cuddiis Micael. 



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Pianta originaria 



Pianta affuale. 



I CASTELLI DI GONDAR 



L'interno del palazzo mostra ancora le tracce del pavi- 

mento in legno appoggiato su travi, che sembra abbia 

ceduto in seguito a un in- 

cendio. II pianterreno aveva 

un solo grande vano, ora se- 

miriempito di cespugli e 

pietrame, il piano superiore 

era anch'esso occufato da 

una sala soltanto, che pero, 

verso il fondo, presentava 




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Casquam* Bassoiilievv 

una specie di alcova rile- 
vata, dove evidentemente 
aveva posto il trono, con ai fianchi due piccole e pro- 
fonde tribune e dietro alquante nicchie ricavate nel 



Cusquom • Bassorilievo. 



53 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

muro. La tiadizione — o la leggenda — vuole cbe le 
pareti fossero rivcstite di avorio, ma non vi e alcuua 
traccia che possa confermarlo. 

A Sud dell'accennata casa di abitazione, si trovano 
gli avanzi di una caratteristica costnizione rotonda : 
I'oratorio private della bella regina. L'edificio poggiava 
sopra dodici arcate, quattro formanti porte : le altre, 
invece, protette all'esteriio da un muro, ad esse parallelo ; 
al piano superiore si doveva ripetere lo stesso porticato, 
completamente aperto, con dodici finestre. 



54 



V. 

LE CHIESE E I PONTI 



Non sarebbe completa la nostra trattazione senza 
un accenno almeno alle chiese di Gondar (1). 

Gondar, che fu in passato il centre letterario della 
intera Etiopia (2), dove si raccoglievano i piu dotti ec- 
clesiastici, depositari delle tradizioni storiche dell'Im- 
pero e scrittori ocopisti di cronache famose, trae ancor 
oggi gran vanto dalle sue molte chiese — quarantaquat- 
tro in tutto — di cui, peio, gran parte, rovinate e distrutte, 
sussistono soltanto nel ricordo e nel nome o per qualche 
prebeuda di antica istituzione di cui vive tuttora, piix 
o meno lautamente, un numeroso clero titolare e ono- 
rario, in seno a cui non mancano i dejtera, o sapienti, 
reputati studiosi di quelle discipline che formano il mo- 
desto bagaglio culturale della classe istruita in terra di 
Abissinia. 



(1) V. Elenco, ia appendice. 

(2) L'amarico piQ puro si paila appunto a Gondar: cori almeno assicoiano 
tutti gli specialisti. 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Ripartendole in gruppi, a seconda dell'epoca alia 
quale appartengono (stando sempre, s'iatende, ai rac- 
conti local!), risulta che il piu antico, ma il meno inte- 
ressante, e quello delle cMese ritenute anteriori alia stessa 
efFettiva fondazione di Gondar e che infatti conservano il 
nome del villaggi gia precedentemcHte fiorenti nella zona. 
Queste chiese son tutte del modello abissino piu comune 
e piii semplice : capanne circolari con i muri di « cicca »» 
ricoperte di strame e isolate in un bosco di tuie o di gi- 
nepri, dove, per consuetudine, sotto mucchi di pietre, 
vengono seppeUiti i fedeli defunti. 

Le chiese che risalgono al periodo imperiale sorgono 
invece tutte entro cinte turrite (1), della stessa strut- 
tura di quelle dei castelli, e vi si riconosce I'impronta 
occidentale, benche — fatta eccezione per quella di 
Azozo che fu dei Gesuiti, ai tempi di Susenius — siano, 
come i castelli, posteriori al periodo che legittima- 
mente puo dirsi « portoghese ». Ma queste — le piii 
illustri e le piu venerate — piii di tutte ban sofferto 
delle devastazioui, subite a piu riprese dalla citta di 
Gondar, neUe guerre e i contrasti dei secoli passati, 
fino all'ultima, ad opera delle bande derviscie, nel 1888. 
Gia Teodoro, d'altronde, le aveva svaligiate di parte 
deUe loro famose biblioteche, che aveva trasportato alia 



(I) NotevoU, tra tutte, e - — possiam dire -^ tipiche queUa di Debra-Berhan- 
Selaftsi^ e di Cuddns Johannes. 



56 



I CASTELLI DI GONDAR 



sua Corte in Magdala, dove furono prese dagli inglesi 
di Napier (1). 

II gusto costruttivo dei sovrani di Gondar si e, ol- 
tre al resto, affermato anche nella erezione di ponti in 
muratura, gettati sui torrenti intorno alia citta, compresa, 
come e note, fra il Caha e TAngareb, fra loro confluenti a 
Sud di Addis Alem, lo storico, fiorente sobborgo mussul- 
mano. 

Questi ponti si sogliono attribuire tutti a un vote 
di Fasilides, inteso aUa espiazione di una strage sacrilega 
di monaci e di preti e sono quindi detti « FasU-Dildil », 
dal popolo. 

Se ne contano sette di cui tre in buono stato e an- 
cora transitabili ancbe con grossi carichi, cid che depone 
favorevolmente suUa soUdita dell a loro stmttura. 

II primo, a quattro arcate (tre uguali e una piu 
grande) scavalca I'Angareb dove il fiume s'incassa tra 
sponde alte e rocciose, nella vallata a Nord del pianoro 
di Gondar. 

II ponte sale [dalla riva destra, di [parecchio piu 
bassa, con un' erta scarpata, mentre e a UveUo della 
sponda opposta, dove un corpo di guardia ne controUava 
il varco. La gettata del ponte, compresa tra spallette, si 



(1) L*a Etiopian Collection », ora al BritisH Maseum — la piil ricca ractolta di 
codici abissini — fu formataf difatti, col bottino di Magdala e comprende i piix antichi 
nuukoscritti di Gondar. 



57 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

appoggia a due piloni fondati sulle rocce e rafforzati a 
monte da acconci spartiacque. 

Un altro ponte, anch'esso di elegante fattura, si in- 
contra presso il punto dove U Caha si unisce all'Angareb, 
a circa due chilometri dopo la confluenza. Anch'esso e 
a quattro arcate : la maggiore, assai grande, curvata a 
schiena d'asino su di una luce ampissima. Questo ponte 




Ponte cdel Diavoloi, 



vien detto, dai paesani, « del Diavolo », forse perche 
esBi pensano che alia sua costruzione abbiano avuto parte 
forze occulte e diaboliche, che gli uomini, da soli, stando 



58 



I CASTELLI DI GONDAR 



al loro giudizio, non sarebbero stati certamente capaci 
di condurre a buon fine un simile lavoro. 

Su un terzo ponte, simile ai due di cui si e detto, 
passa, piii a Sud, la pista che conduce ad Ifag. 

GU altri quattro sussistono solo in qualche maceria, 
vittime deU'incuria che li ha lasciati cedere al travaglio 
erosivo dei corsi d'acqua in piena. 



Ultimo fra gli antichi « Castelli » gondarini, per mi- 
• nore importanza e in ordine di tempo, merita tuttavia di 
essere ricordata la Gasa di Campagna che da Yasu II 
fu fatta costruire nei pressi di Azozo, non lungi daUa 
Chiesa di Abba Tecla HaLmanot. Ne restano soltanto 
pochi pezzi di mure, tracce di una cistema e una torre 
rotonda, sul costone boscoso che digrada a Occidente, 
nella vasta vallata, verso il monte Loza. 



59 




Citta Imperials ; Casa del Capo della Cavalleris. 




Tav. XX!I 



Bagno di Fosilides. 
(prima del restauro) 



Boqno di Pasiiide 





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APPENDICE 



I. 



COME VISSERO IN ETIOPIA I PORTOGHESI 

CHE VI PASSARONO 

ED I LORO DISCENDENTI 

(Tradtjzione del cap. 24° della « Storia di Etiopia » 

DEL P. EmANUELE DE AlMEIDA (1), DELLA COMPA- 

GNiA DI Gesu (1605), IN « Rerum Aethiopicarum 

SCRIPTORES OcCIDENTALES » DEL P. C. BeCCABI. 

Volume V, pp. 466 e segg.). 

« Mi sembra necessario dare queste notizie, perche 
gli storici che scrissero delle cose di questa terra, erra- 
Tono su questo argomento in vario modo, cosi da inge- 
nerare confusione. E, in primo luogo, occorre precisare 
che nessun giuppo di Portoghesi entro nell'Impero Abis- 
sino oltre quei quattrocento soldati che accompagnarono 



(1) II padre Emanuele d* Almeida, nato a Yiseu nel 1580 ed entrato nella Com- 
pagnia di GeeO ael 1598, insegnd dapprima filoBofia e Sacra Scrittura, quindi fu man- 
dato neU^lndia, dove fu rettore del CoUegio di Bazaim ; di qua pass& in Etiopia, e 
vi rimase coll'incarico di auperiore della missioDe fino al 1633. Per ordine avutooe dai 
euperiori comiiici5 a ecrivere la sua storia. in Etiopia stessa, prima del 1628, e la ter- 
mijad a Goa. dove fece ritomo nel 1635, e vi mori neU*aprile del 1646. La Storia perb 
fb certamente compiuta alia fine del 1643, o, al piik tardi, ai primi del 1644. 



63 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Don Cristoforo de Gama, e liberarono gli abissini dal 
giogo maomettano, che il Gragn aveva imposto loro. 
Prima di Don Cristoforo e della sua gente vi erano venuti 
soltanto Alfonso de Paiva, che, ritornatone, venue a mo- 
rire al Gran Cairo, e dopo di lui Pietro de Covilham che 
vi visse e mori ; e nell'anno 1520 entro in Etiopia Don 
Rodrigo de Lima, ambasciatore del Re Don Emanuele 
con dodici o tredici compagni, uno dei quali fu 11 P. Fran- 
cesco Alvarez, cappeUano del Re, i quali se ne ritorna- 
rono tutti con Tambasciatore nell'anno '26, eccettuati 
due, come racconta il P. Francesco Alvarez neUa sua 
relazione. 

NeU'anno 1555 entro in Abissinia il P. Maestro Gon- 
zalo Rodriguez con il fratello Fulgenzio Freire della no- 
stra Compagnia, i quali se ne ripartirono nel seguente 
anno '56, e nel '57 venne il Vescovo, che fu poi fatto 
Patriarca, Don Andrea De Oviedo, e con lui cinque preti 
delta nostra Compagnia e sette od otto laici portoghesi 
che per servizio di Dio voUero accompagnarli. Oltre a 
costoro, non entrarono altri Portoghesi nel Regno Abis- 
sino, in gruppi grandi o pice oil. 

Dico questo perche si sappia il poco fondamento con 
cui si scrisse in Valenza che entrarono in questo Impero 
alcune brigate di letteratl legisti, ed altre di giudei 
portoghesi, una delle molte sciocchezze che si sono 
inventate a questo proposito con poco timore di Dio 
e minore rispetto al decoro dovuto alia Nazione Por- 
toghese. 

64 



Tav. xxiii La " Tomba del Cavallo , 




Casa " delle galline , 



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Cusquam: la forre della " casa di rappresenlanza , 
visfa dall'esterno della cin^a 



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Tav. XXIV 



I CASTELLI DI GONDAR 



I Portoghesi della compagnia di Don Cristoforo che 
si stabilirono in Etiopia in numero di circa centosettanta, 
durante la vita dell'Imperatore Claudio (1), fuxono da 
questo trattati con molta liberalita e messi in possesso 
di larghi teiritori dai quaii trassero la loro sussistenza, 
sicche vissero comodamente tenendo quasi tutti muli, 
cavalli e molti servi che li accompagnavano in pace ed 
in guerra. 

Cosi racconta Diego Do-Couto, su relazione di Goa- 
zalo Soarez-Cardim che fu col Vescovo Don Andrea 
d'Oviedo quando questi rientro in Etiopia nel 1557, e 
aggiunge che molti di quei Portoghesi U ricevetteto ed 
ossequiarono lungo la strada e li accompagnarono fino 
alia Corte dell'Imperatore, tutti lussuosamente vestiti 
e moatati, e accompagnati da numerosi famigli. 

Tuttavia, come dice lo stesso Diego Do-Couto, nel 
tempo dell'Imperatore Adam Segued (Minas) (2), i Por- 
toghesi vennero in disgrazia e molti fra loro furono per- 
seguitati dallo stesso Sovrano, sicche caddero in miseria 
fino a mancare del necessario per vivere. Adam Segued 
duro poco e gli succedette Malak Segued (Sarza-Denghel) 
che regno trentatre anni (3). Questo imperatore tratto 
megUo i Portoghesi e ta piii generoso nei loro con£ronti 
ma non cosi liberale come era stato Timperatore Claudio: 
ed e certo che gU Abissini in generate mostrarono sempre 



(1) 1540-1559. 

(2) 15S9-1S63. 

(3) 1563-1597, 



65 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

poca simpatia per i Portoghesi, sia perche stranieri, 
sia per I'invidia che ebbero sempre della loro capacita 
superiore. 

E' vero che da principio i nostri diedero qualche 
occasione a tali sentimenti per le violenze che molti 
solevano usare verso gli Abissini, cercando anche alcuni 
di portar via le loro donne. Con tutto cio, la princi- 
pale ragione del poco buon volere che gli Abissini ci 
dimostrarono sempre fu perche ci ritenevano eretici, te- 
nendo essi per verita i loro errori e per errori le nostre 
verita, e cio che dava loro piu neU'occhio era il vedere 
che i nostri non si circoncidevano e mangiavano came 
di lepre e di cinghiale, sicche ci chiamavano sempre 
« colafas » o « incirconcisi », ed eretici nestoriani. 

E' costume deU'Etiopia, come gia dissi, che I'lmpe- 
ratore muti spesso le concessioni di terra ai suoi signori, 
capitani e soldati. Questo uso fu dagli imperatori ripe- 
tutamente seguito con i Portoghesi e con i loro discen- 
denti, ai quaU ordinariamente venivano dati in godi- 
miento i territori di frontiera, confinanti con i piu forti 
nemici deU'Impero, sicche essi non potevano mai stare 
in pace ed erano costretti ad andar sempre con la lancia 
in mano : infatti le prime terre che furono loro assegnate 
erano sui coofini del Regno di Acal, i cui Mori furono 
sempre i piu fieri nemici degli Abissini. 

L'Imperatore Malek Segued (Serza-Denghel) asse- 
gno ai Portoghesi le terre di Nanina suUe frontiere tra il 
Goggiam e I'Agau a quattro o cinque leghe daUe sorgenti 

66 



I CASTELLI DI GONDAR 



del Nilo. Queste terre, benche montuose, erano assai fer- 
tili, ed in esse stettero i nostri assai comodamente, ben- 
che fra continui assalti ; e furono grandissime le vittorie 
che quivi ottennero sopra gli Agau, specialmente quando 
fu loro capitano Jorge Nogueira, che fu uno del piu 
valenti e fortunati Portoghesi jstabiliti in Etiopia (1). 

Pero, dopo che a costo di molto sangue versato, i 
Portoghesi furono riusciti ad estendere i lore possessi, 
suscitarono una tale invidia fra gU Abissini, che questi 
glieli fecero togUere e li fecero trasferire nel Dembea, 
ai piedi dei Monti di Dancaz, in luoghi impervi e ingrati. 
I Portoghesi tuttavia li dissodarono e li coltivarono con 
molta fatica, ma non vi durarono a lungo, perche presto 
vi fu chi desidero le loro terre e riusci a farii cacciare 
anche da questo luogo. 

Tralascio di elencare le molte altre localita in cui 
furono successivamente trasferiti : il peggio e che prima 
di fare queste assegnazioni di terre, I'lmperatore di 
£tiopia suole convocare tutti gli uomini d'armi per pas- 
sarli in rassegna, nella quale, contando solo queUi capaci 
di servire in guerra, a questi solo distribuisce le terra, 
senza tener conto dei vecchi, delle vedove e degli orfani, 
ai quali non da nuUa. I Portoghesi, quindi, come buoni 
cristiani, si vedevano costretti a ripartire fra tutta que- 



(1) Da questo, e da altri analoghi accenni, semhra potersi desumere che la coma- 
nita portogheae di Etiopia si re^geva con una certa autonomia coo propri capitani o 
capi responsabili, che la rappresentavano presso gli imperatori. 



67 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



sta moltitudine di gente i pochi poderi assegnati agli 
uomiui validi, con conseguente disagio di tutti. A que- 
sto rispetto, vedendo le molte necessita del loro stato, 
scrissero varie volte a Sua Maesta (il Re del Portogallo) 
che li aiutasse mandando a Massaua delle navi sulle quali 
potessero trasferirsi in India, a Ceylon od in cpialche 
altra sua terra, per aiutarlo nelle sue conquiste come buoni 
guerrieri e sudditi devoti. Non aderirono a questa peti- 
zione, benche giusta e legittima, i Serenissimi Re di 
Portogallo, ritenendo che Die, se in cosi remote regioni 
aveva esteso e conservato la nazione portoghese, lo avesse 
fatto second© gli altissimi disegni della Sua Provvidenza 
Divina, che per avventura tendessero aUa conversione 
deU'Impero Abissino, alia nostra Santa Fade Cattolica, 
conversione che per mezzo dei Portoghesi di Etiopia si 
sarebbe potuta piii facilmente ottenere. Percio, benche 
da cosi buoni vassaUi si potessero attendere grandi ser- 
vigi nelle Indie, i Re del PortogaUo preferirono privar- 
sene ed anzi aggiungere nuovi pesi al regio bilancio asse- 
gnando per questi figli e discendenti dei Portoghesi di 
Etiopia un sussidio annuo di miOe « pardaos » per provve- 
dere ai loro piii pressanti bisogni, ed ordinando inoltre 
che dall'India fossero loro inviati dei religiosi della nostra 
Compagnia che li conservassero nella Santa Fede e nel 
tempo stesso catechizzassero gli Abissini, ripromettendosi 
da tale piccolo fuoco un incendio cosi grande che iUu- 
minasse con la Luce della Fede e riscaldasse con I'amore di 
Dio, questo tanto esteso Impero. E poiche questi intenti 

68 






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Cusquam : Rovine dells chiesa di Debra-Tzahai. 



I CASTELLI DI GONDAR 



€rano santi e fondati nello zelo per I'accrescimeiito della 
Santa Fede Cattolica, percio li favorl Iddio, Nostro Si- 
gnore, come si vedra in questa Storia, e i Portoghesi gra- 
zie al sussidio che veniva loro inviato annualmente po- 
terono sostenersi, benche poveiamente, perche dei mille 
« pardaos » che Sua Maesta dava loro, gran parte si spen- 
deva nel trasporto e nei gravi tributi che a torto od a ra- 
gione sogliono esigere i Turchi nelle dogane di Suakin e 
di Massaua; e molte annate ando anche tutto perduto per 
i naufragi o le catture delle navi. E poiche i figli e idi- 
scendenti dei Portoghesi crebbero tanto in numero che 
il sussidio che in principio andava ripartito solo fra cento 
•o centocinquanta persone, si ripartiva gia ai nostri 
tempi (1) fra mille e miUe e duecento capi famiglia, non 
ne toccava a ciascuno che una piccolissima parte e an- 
che questa suscitava I'invidia degli Abissini. 

Quando venue a fiorire la Santa Fede Cattolica 
sotto rimperatore Seltan Segued (Susenios) (2), questi 
per amore dei nostri Padri e in seguito alle loro preghiere 
distribui con larghezza alia nostra Compagnia deUe con- 
cessioni di terre per fondarvi le nostre residenze nelle 
varie provincie dell'Impero che giunsero col tempo ad es- 
sere una dozzina, e noi solevamo dare ai Portoghesi molte 
di queste terre : principalmeute alle vedove ed ai piii 
poveri che con esse si sostentavano. 



(1) L* Almeida scriveva oel 1644, riferendosi al perlodo inunediataiaente ante- 
riore alia cacciata dei Gesuiti daJUUmpero (1632-34)< 

(2) 1607-1632. 



69 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



Anche il Ras Sela Chxistos (1), fratello dell'Imperatore, 
chiamo a se moiti Portoghesi per servirsene nelle sue 
guerre e diede loro buone terre, favorendoli piu che po- 
teva, e con questi aiuti e con il sussidio del Re e con le 
loro industrie e lavori vivevano alia meno peggio i Por- 
toghesi e poiche, come vi erano obbligati dal proprio 
decoro, cercavano di apparire megUo che potevano, molti 
di loro, alia Corte Imperiale, facevano migUore figura 
degU Abissini piu ricchi. Pero, dopo che cominciarono 
le persecuzioni contro la nostra Santa Fede Cattolica, si 
vedra piu innanzi come essi abbiano sofferto gravi pri- 
vazioni temporali, ingiurie e affronti ». 



(1) QaeBto principe, capo del partito cattolico e grande protettore dei Padri 
G«smti, dopo rahdicazione del fratello SuBenios, fu costretto a esiliarsi e vieae oscura- 
mente, finchi, nel 1652, Bospettato e accneato di stare complottaado per la restau- 
razione della fede romana, fu fatto tmcidare dal nipote Fasilides. 



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Tav. XXVII 



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Cusquam ; Ruden dell'abirazione dell' Imperatrice Mentua!:. 



rau. XXVIII 



IL 



LA COMUNITA' PORTOGHESE IN ETIOPIA 
(Dal « Voyage aux sources du Nil» m J, Bruce (1), 

TOMO V, PAG. 43 E SEGG.). 

<( I Portoghesi della spedizione venuta in Abissinia, 
con Cristoforo De Gama, e rimastivi in seguito, si erano 
moltiplicati largamente, unendosi con donne del paese 
cd avevano sempre avuto cxira di insegnare ai propri figli 
Puso delle armi da fuoco. Sotto il regno di Claudio (1540- 
15S9) essi avevano cominciato a far da mercenari sotto 
i vari capi locali, ma il nucleo piu importante era sempre 



(1) II cavaliere Jani«8 Bruce, di Kinnaiid, era nato in Scozia, nel 1730. Appaa- 
eiouato delle acienze natiirali e storicbe e buon disegnatore, dopo avere percorso a 
Bcopo di diporto e di studio TEuTopa meridionale ed alcuni paesi deU'Oriente mediter- 
raaeo fu nominato, nel 1763, Cousole dUnghilterra in Algeri e ne approfittd per estea- 
dere le sue ricercte geografiche a tutta TAfrica settentrionale. Nel 1768 intraprese, con 
Tappoggio del suo Govemo, un viaggio di ecoperta alle soTgenti del Nilo, che si protrasse 
fino al 1772. la Abissinia giimse nel 1769 e a Gondar soggiomd a piii riprese, bene ac- 
colto alia corte di qnegli imperatorit dove coprl anche cariche civili e militari. Tomato 
in Inghilterra, dove lo si credeva gi& morto, pubblicd nel 1773 la relazione del ano viag* 
gio alle sorgenti del Nilo, che fu preato tradotto anche in francese. Pcotestante, e im> 
bevuto di filosofia illuminista, il Bruce non h imparadale nei giudizi che reca mll^atti- 
\itk poitoghese e cattolica nelle tene etiopiche, ma gli si deve indiscutibilmente nn 
grande coatributo alia migliore conoscenza del costomi abissini, e, specialmeute, ama- 
xici, e della storia politica delle diaastie di Etiopia. 



71 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



rimasto presso I'imperatore, formando un corpo scelto 
sotto U comando di un loro vecchio ufficiale, certo Juaa 
Gabriel. L'imperatore Minas non voile tenerli nel suo 
esercito per tiitiore dell'attivita sediziosa dei sacerdoti 
cattolici, sempre propensi a denigrare la religione ed il 
governo etiopico. Egli pertanto li bandi tutti dal suo 
regno ; ma invece di ubbidire, essi si unirono al Bahar- 
Negasc Isacco, allora alleato dei Turcbi e insorto contra 
U Negus (1). Non sembra che Sarzadenghiel (1563-1597) si 
curasse di loro piu del suo predecessore Minas, ne cbe li im* 
piegasse in alcun modo durante il suo lungo regno, ma 
quando il re fanciuUo Jacob (1597-1603) sali sul trono 
essi si legarono alle sue sorti e quando egli fii esiliato 
molti fra loro seguLrono il partito di Za-Dengbel e com- 
batterono valorosamente alia battaglia di Barcio. 

Quando Jacob riprese la corona i Portoghesi torna- 
rono con lui e con lui furono vinti nella battaglia di Le- 
bart, dove si erano riuniti contro il pretendente Susenios. 
Si vede dunque che da qualsiasi parte combattessero 
erano sempre battuti, non per colpa loro ma per la vi- 
gHaccheria degli abissini coi quali si trovavano uniti. 
Cio nonostante, malgrado i ripetuti lovesci dei partiti 
ai quali si accodavano, non subivano mai grandi perdite, 
poicbe le tnippe indigene ne avevano paura e non osa- 
vano inseguirli quando si ritiravano. 



(1) Bahar'Negaaet era il titolo, poii caduto in dieu«o, del a Signore del mare », 
cioi del Goveniatore delle terre compreee fia MaBsaua e il Tigiai. 



72 



I CASTELLI DI GONDAR 



Suseaios segui una condotta afPatto opposta a quella 
dei suoi predecessor!, e decise di afifezionarsi i Por- 
toghesi e di indurli ad unire le loro fortune alle sue. 
In conseguenza comincio col fare grandi cortesie ai 
loro preti. Chiamo presso di se il gesuita Paez e dope 
le consuete dispute suUa supremazia del Papa e sulle 
due nature del Cristo gU fece celebrare una messa e 
predicare in pubblico con lo stesso success© che ai 
tempi di Za-Denghel e con lo stesso malcontento da 
parte del clero copto. 

La provincia del Dembea, che si estende intorno al 
Tana, e la piii fertile e la meglio coltivata di tutta la 
Abissinia. Pianeggiante, essa sembra sia stata formata 
dal decrescere del lago, che a giudicarne da molti indizi 
evidenti, deve avere avuto in passato un'estensione qua- 
drupla di quella attuale. Sulla riva meridionale del lago 
si eleva una roccia, formante una specie di promontorio 
che si spinge molto avanti nell'acqua. Non esiste forse al 
mondo alcun luogo piii hello ne piu pittoresco di questo, 
circondato come e dalle acque, fuorche da un solo lato. 
II cUma vi e deUzioso, le febbri non vi infieriscono mai, 
il panorama del lago e dei monti che in lontauanza do- 
minano la pianura e di una magnificenza inconcepibile 
per una immaginazione europea e la natura sembra aver 
creato un tale soggiorno, per. la salute, la quiete e il be- 
nessere. Padre Paez domando questo promontorio, ed il 
re — dicono — glielo concesse in perpetuo, e lo autorizzo 
a costruirvi un couvento. 



73 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



Gli abissini fiirono estremamente stupid alia vista 
di un edificio costruito di pietre e di calce, cosa di cui 
fino allora non avevano avuto alcuna idea. Ma furono 
aache piu sorpresi quando Paez, edificato il convento, 
comiacio a costriiire alio stesso modo un palazzo che il 
sovrano gli aveva richiesto. Questo palazzo, con la chiesa 
annessavi, sorge all'estremita meridionale della penisola, 
in un luogo chiamato Gorgora (1). Gli abissini provarono 
una ammirazione mista a terrore vedendo una casa so- 
vrapporsi a un'altra casa, poiche cosi definivano una casa 
a due piani. Paez, seppe spiegare in questa circostanza 
tutta la sua ingegnosita e i suoi talenti, fu nello stesso 
tempo architetto e muratore, carpentiere e fabbro e si 
servi degli strumenti propri a tutte queste arti. La resi- 
denza regia fu rivestita all'interno di legno di cedro, e 
divisa in sale di cerimonia « in camere private per il re 
e la regina e i personaggi di corte ; con annessi gli alloggi 
per le guardie ed i servi » (2). 



(1) Di questa chiesa leetano imponeati rovine. Di forma rettangolare, con Pabside 
a mezzo cerchio, easa aveva la porta principale ^iella facciata adoma di quattio co- 
lonae e di due pila^tri di ordine joiiico ; su ciaacuno dei lati una porta miuore con due 
colonne. e in alto due finestre, pariznenti adome di due colonne arricchite di fregi e 
scnltore. La costmzione era tutta in pietra sqnftdrata di tinta avorio e Toeaastra. 
Aveva un campanile della ates»a fattora, con una acala interna che permetteva di 
Accedcre al tetto, il quale era a terrazzo, recinto tutto intomo ]da una balaustrata a 
colonnine. (Cfr. ciuta lettera del P. Luigi de Azevedo S, I., del 3 luglio 1619 in 
< Return Aetbiopicanim Scriptorea >, Vol. XI, pag. 412 e segg.). 

(2) Di queata residenza impetiale non fiembra restino tracce^ a meno che alcune 
informi rovine adiacenti alia chieaa non siano le vestigia del fastoso palazzo magat- 
ficato dai contemporanei. 



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Cusqutim : Casa dj rappresenranza. ParHcolare della facciata 
principafe. 




Cusquam ; Inferno del locale superiore delta "casa dl rappresen- 
tanza,, dell' Imperarrice. 



III. 



STATO DEI DISCENDENTI DEI PORTOGHESI DI 
ETIOPIA, SESSANT'ANNI DOPO LA CACCIATA 
DEI GESUITI. 

(Da una lettera del, sacerdote Melchiorre de Syl,va 
all'Arcivescovo di Goa, in « Notizie e saggi di 
opere e documenti inediti riguardanti ia Sto- 
RiA d'Etiopia » DI Padre Camillo Beccari S. J, 

PP. 413 E SEGG.). 

Tra i codici della CoUezione Pombaliana che si con- 
serva nella Biblioteca Nazionale di Lisbona si trova la 
lunghissima lettera o relazione di un tale sacerdote Mel- 
chiorre de Sylva, scritta dall'Etiopia U 5 agosto 1695. 
Essa e I'unica relazione, stesa da un testimone oculare 
degno di fede, circa sessant'anni dope la tragica fine degU 
ultimi missionari gesuiti, suUo stato dei meticci porto- 
ghesi in Etiopia, rimasti fedeli alle lore tradizioni catto- 
liche e che si erano rivolti per aiuti spiritual! al Patriarca 
di Goa. 

II De Sylva, che sembra fosse di origine indiana, 
penetro in Etiopia in veste di mercante e pote awici- 

75 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



nare, pertanto, insospettato, i « portoghesi » quasi indi- 
geniti, come egli stesso narra nei termini seguenti ; ■ 

« V. S. ebbe una ispirazione divina nell'inviar 

qua un sacerdote in quest'anno, poiche la mia venuta fu 
cagione che non s'andassero a perdere molte anime che 
erano gia sul punto di passare all'eresia e cominciavano 
gia a far circoncidere i figlioli e ad osservare il sabato ; 
come tutt'ora van facendo alcuni dei meticci discendenti 

dei Portoghesi Questi errori e molti altri che sono 

intollerabiK, professano costoro e che io ometto, per ve- 
nire a narrate quel che tocca ai nostri cattolici, i quali 
pure si andavano affezionando a queste costumanze, per- 
che i meticci non tengono piu di europeo che la pelle 
chiara ; nel resto hanno tutto comune con gli abissini, 
come il coltivare i capelli per ornamento del capo, e 
86 ne servono come di cappeUo, e le lenzuola con 
che si ricoprono ; che e una compassione veder cosi 
vestiti i discendenti di quegli uomioi nobili che passarono 
in questo paese. Molto pochi saano parlare portoghese, 
tutti sono ormai veramente abissini, e nella favella e nei 
costumi ; non resta loro che U dire solamente : k siamo 
cattolici figli di portoghesi » - e vero che si dicono pronti 
a partire per i'lndia se verra a prenderli una flotta a que- 
sto porto di Daleck ; che sarebbe un'opera eroica e di 
grande servizio di Dio, affinche col tempo non si vada 
ad estinguere questa razza ». 

E piu innanzi, spiegato con quali accorgLmenti egli 
fosse riuscito a entrare in Etiopia, il sacerdote accenna 

76 




Ponre suH'Angareb (Fasil-Dildil). 



Tav. XXXII 



I CASTELLI DI GONDAR 



ad alcuni meticci, maggiorenti e notabili della comu- 
nita : Luigi de MendonQa, Giovanni Gomez de Abreu, 
Gonzalo Soares e il di lui figlio Geronimo, Francesco 
Diaz, ed infine Don AJvaro de Costa e Dionisio de Lima 
ch'egli chiama « fidalgo » (1) ed era « capitano » di tutti 
i Portoghesi. Consiglia che a costoro si mandino regali, 
anche per confortarli nella loro miseria, e conclude la 
lettera, come gia Padre Almeida, con il suggerimento 
che vengano da Goa alcune navi a toglierli finalmente 
dair Africa ; 

« Chiedo infine a V. S. che determini che si 

trasferiscano costa questi cattolici, fra i quali si potranno 
reclutare duecento soldati assai valorosi per essere stati 
tirati su tra le guerre, per combattere nel Ceylan, il che 
si esegiiira con la venuta a questi porti di una armata 
di cinquecento soldati ; poiche gli Abissini non vogliono 
piu saperne dei Portoghesi e li lasceranno andare ». 



(1) In portoghe»e : aobile di <iito e puro W^nnzsio. 

77 



IV. 



MISSIONARI ITALIANI IN ETIOPIA 
DEL COSIDETTO PERIODO « PORTOGHESE .. 



Negli Armali della Compagnia di Gesu riferentisi 
alia Missione d'Etiopia nel secolo xvii ricorrono spessis- 
simo i nomi del Padre Lorenzo Mangoni, nato a Roma 
nel 1562 e morto in Etiopia nel 1614, rettore del semina- 
rio di Fremona, presso Axum ; del Padre Francesco An- 
tonio De AngeUs, napoletano, dottissimo cultore degli 
studi etiopici e traduttore in « ghez >> dei commentari 
del Maldonado sui Vangeli ; del Padre Antonio Bruno, 
siciliano, che sfuggl in Etiopia aUa persecuzione e mori 
a Goa, neU'India portoghese ; del Padre Giuseppe Gi- 
roso, morto per gli strapazzi sopportati nel viaggio, 
quando coi confratelli si trasferiva a Diu, altro scalo 
tenuto dai Portoghesi in India, dove avrebbe dovuto 
esser Procuratore ; del Padre Giacinto Franceschi, fio- 
rentino, Martire e Venerabile, lapidato e impiccato nei 
dintorni di Axum ; del Padre Brunone Bruni, abruzzese, 
che, quasi per miracolo, sopprawisse alle quindici ferite 
di arma bianca riportate in Assa nell'attacco dei copti 

79 



I CASTELLI DI GONDAR 



contro quella fedele comunita cattolica, per morire piu 
tardi, martire, nel Temfaien. Italiano era il Padre Tor- 
quato Parisiani, che, mentre piu infieriva la persecuzione . 
xenofoba, dal Patriarca di Goa fu inviato a soccorrere i 
profughi cattolioi rifugiati alia costa. Di origine italiana 
era il monaco indigene Abba Jacob, tigrino, nepote 
— pare — ex filio, di un Messer Alessandro, che, secondo 
il Cordara, sarebbe stato veneto e che, schiavo dei turchi, 
fuggi da Debaroa e si uni ai portoghesi di Cristoforo 
Gama, prese una moglie indigena e mori nel Tigre. 



80 



V. 



IL LUTERANO PETER HEYLING, CONSIGLIERE 
DI FASILIDES E ISTIGATORE DEL MARTIRIO 
DEI PADRI CAPPUCCINI AGATANGELO DA 
VENDOME E CASSIANO DA NANTES, NEL 1638. 



(DaLLO kStATO DELLA ReLIGIONE CaTTOLICA in EtIOPLA)) 
DEL p. TORQUATO PaRISIANI S. J. IN « EtIOPIA 

Francescana » DEL Fr. T. Somigli - TOMO I. 
Parte I, pag. 193 e segg.). 



« Si trovava in quel tempo nel Cairo un Luterano 
di Lubecca, citta priacipale aaseatica del Mare Baltico, 
di noma Pietro Heyling che si fece nominare Pietro 
Lione I'Olandese, per non essere conosciuto ; et era uscito 
dal suo paese con dodici altri compagni (conforme la re- 
lazione di diversi), per seminare I'eresia lore in diverse 
parti del mondo, a guisa di dodici, non gia veri, ma falsi 
Apostoli, havendo costui preso sopra di se I'incumbenza 
di predicare nelle parti d'Egitto e d'Abissinia, onde si 
trattenne nel Cairo, conforme habbiamo detto. E per 

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ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

che egli era un huomo molto dotto, buon medico et 
esperto di molte lingiie, et in particolare deUa greca, 
ebrea, araba et abissina ; mostrando di piu, nel suo 
esterno, gran bonta di vita, era non solamente conosciuto, 
ma ancora stimato dalli PP. Missionarij e da molt'altri 
per un sant'huomo. Ma osservando li Padri, in progresso 
di tempo, che sotto questa pelle di pecora un lupo ra- 
pace si nascondeva, cioe che egli nel Cairo andava semi- 
nando principij di falsa dottrina, all'hora generosamente 
se gU opposero, e lo discreditarono da per tutto. E tra- 
lasciando bora molte cose cbe fra di loro segnirono, che 
al nostro proposito non servono, dico solamente che era 
desiderosissimo ancor esso d'andar in Abissinia ; anzi 
s'era gia una volta inviato per quelle bande, ma ne fu 
impedito dal P. Agatangelo, il quale lo seguito sino in 
Siiit (Assiut), e lo fece tornar indietro a dispetto suo ; 
ma intendendo poi Pietro la nuova, che i PP. Gesuiti 
erano stati banditi dal Re FasLIades per un suo bando 
publico, nel quale espressamente gli comandava che 
sotto pena deUa vita uscissero tutti dentro quel termine 
da lui nel bando determinato ; e che moiti di loro et 
altri stimati per Gesuiti, erano ultimamente stati uccisi, 
perche spirato il termine del bando furono trovati an- 
cora nel paese ; per queste ragioni specialmente stimo 
Pietro proportionate questo tempo, nel quale il sangue 
del popolo abissino non era del tutto ancora rafifreddato 
contro li Cattolici, il piu opportuno per poter irritargli 
maggiormente contro di essi, e di persuadergli che non 

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I CASTELLI DI GONDAR 



si uaissero mai con la Chiesa Cattolica. Stimolato, di piu, 
dairanimo cupido di vendicarsi dell'afironto ricevuto 
nel Cairo dal P. Agatangelo, determino di fare tutto il 
possibile per procurare con I'aiuto del Metropolitano 
scismatico che alii missionarij fusse proibito Tadito nel 
detto Regno, e percio stimolo il medesimo Metropolitano 
ch'ancor egli in questo negotio volesse cooperare con 
fare intendere la sua authorita appresso il Re quando 
che saria arrivato, altrimenti tosto sarebbe egli come 
huomo semplice, et idiota, da i Padri che stavano per 
venire, come da huomini savij e letterati, scavalcato 
della sua dignita ». 

« Arrivato che fu in Abissinia Pietro Heyling elesse 
una chiesa per sua stanza, dove comincio a far il medico 
et insegnare alii figliuoli la lingua greca et ebrea, delle 
quali gli Abissini fanno grandissima stima ; cade la sua 
fama in breve tempo volo per tutto I'lmperio ; tal che 
venne ad essere tenuto per un grandissimo oracolo ; sti- 
mando i Principi e grandi del Regno per gran ventura 
il poter consegnare alia di lui istruzione i loro figlioU, of- 
ferendogli ricchezze e tesori, egli pero mai volse accet- 
tare cosa alcuna ; e quando era costretto d'accettare 
qualche regalo, lo spendeva tutto in sovvenire a poveri, 
in vestirgli e calzargli, in medicargli et in altre maniere 
per servitio loro ; mostrandosi sempre alienissimo da 
ogni interesse e comedo private ; all'incontro desidero- 
sissimo di far servitio a tutti. Fra tanto, il Re havendolo 
gia honorato col titulo di suo primo ministro di Stato, gU 



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ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



assegno una deliziosissima villa reale, per sua abitazione, 
lontaaa dalla Corte una mezza giornata, chiamata Ghe- 
nete Christos^ cioe FOrto di Christo, dandogli ancora ser- 
vitu, et entrate competenti, di maniera cte potesse stare 
alia pari con qualsivoglia Prencipe ; ne mancavano di 
queUi nel Cairo mi dicevano, essersi egli inoltrato tanto 
neUa gratia del Re che non dubitava di oflFerirgli una 
sua figlia per moglie. Ritrovandosi egli adunque in tanta 
ampiezza di fortuna et autorita, non gli poteva mancare 
d'ottenere dal Re tutto quello avesse desiderate. Onde 
non tralascio di rammentar spesso al Re 1' inquietudine e 
sconvolgimenti passati, e che tutti questi erano succe- 
duti solo per runione della Chiesa Abissina con la Ro- 
mana, e pero lo cousigliava che se egli volesse mantenere 
11 suo Imperio in pace e quiete, dover egli tagliar total- 
mente la strada ad ogni communicatione con li Franchi, 
e comandare con ordini rigorosissimi a tutti li governatori 
de i paesi del suo Regno che non permettessero a nessun 
Franco, chiunque si fosse, I'entrata nei suoi Stati e do- 
minij senza sua espressa licenza : il che fu eseguito 
stibito ». 

« Intanto non tuancarono li Padri Cappuccini di sol- 
lecitare, per peter instradarsi verso I'Etiopia, che, alia 
fine, ottennero come desideravano. E per che li buoni 
Padri, o non sapevano che Pietro, loro inimico mortale, 
fusse andato avanti in Etiopia, non credende che egli 
havesse fatto centre di loro tradimento alcuno, s'in- 
viarono verso I'Abissinia I'anno 1638, indirizzando il lor 

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I CASTELLI DI GONDAR 



viaggio verso Suaquen isoletta del Turco, nel Mar Rosso, 
et havendo ivi preso licenza dal Bassa per poter passar 
in Abissinia, si partirono per Erquiquo (Archico), I'ul- 
timo porto tra il Turco et Etiopia, ove ogni tre, o quattro 
mesi, et anco delle volte piu spesso, li Mercanti d'ALis- 
sinia vengono a trafficare con i Turchi, essendo distante 
detto luogo da Suaquen solamente due giornate. Ivi 
s'accompagnarono con mercanti Abissini, verso la Corte 
del Re ».. 

« Venuto I'ordine del Re, che fossero condotti alia sua 
presenza, vi furono dal Vice Re mandati, e dal ministro 
di Giustizia accompagnati a piedi e quasi tutti ignudi, 
sofifrendo mille incomodi per il viaggio, mettendo di piu 
nella strada che si fa in molti giorni di posta ordinaria, 
lo spatio d'un mese, essi pero andarono con ogni possibil 
forza, per rallegrezza che havevan di patire per amor di 
Dio ». 

(( Condotti avanti al Re, che fu il giovedi aUi 5 d'ago- 
sto, neU'anno de trenta otto (conforme attesta il Vene- 
rabUe P. Antonio da Virgoletta, nella sua attestatione 
mandata da Mesaua, alia Sacra Congregatione de Prop. 
Fide Tanno 1641) e lette le lettere del Patriarca del Cairo 
in lor favore, 1' Imperatore si consiglio con Pietro e col 
suo Metropolitano per avanti compagno del P. Agatan- 
gelo, nel convento di S. Macario in Egitto, che cosa si 
dovesse fare di questi Padri. A che rispose I'ingrato Me- 
tropolitano il quale per avanti haveva tante limosine 
■dal P. Agatangelo ricevuto, mentre stette nel convento 



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ALESSANDRO AUGUSTO MONTI BELLA CORTE 

di S. Macario, quali esso gli procurava da mercaniti fran- 
cesi habitant! nel Cairo, rispose che il P. Agatangelo 
haveva voluto tirare tutto I'Egitto alia sua opinione ; 
che in ogni raodo il Re gli doveva far morlre ; e non 
mandar in dietro, come inclinava ». 

« II Re havendo inteso la risposta deH'Arcivescovo, 
o Metropolitano disse a i Padri : Ora Padri, pigliate la 
comunione aU''usanza dei Copti, et all'hora sarete da me 
ben trattati >i. 

« Ma li Padri, pieni di vero zelo del honor di Die, ri- 
sposero in questa maniera : Noi siamo venuti per ricever 
voi neUa communione de i fedeli di Christo; il Capo vi- 
sibile della quale, e Vicario di esso Christo e il Pontefice 
Romano, ne noi faremo giammai cosa si detestabile. 
Per la qual causa vie piu si sdegno contro di loro I'Arci- 
vescovo ; et essendo pregato il medesimo dal Capo della 
Caravana che era un Turco, a non istigar il Re contro 
gU innocenti Padri, che non meritavano questo, rispose 
egli : Quest! aulade zena, cioe bastardi, sono venuti qua 
mandati dal Papa Romano e non dal nostro, et il P. Aga- 
tangelo e venuto vescovo come sono io, perche il mio 
Vescovado e mezzo Copto, e mezzo Papista, e per questo 
bisogna fargli impiccar amendue. Onde questa malignita, 
e contrarieta del Metropolitano come anco I'istanza della 
madre del Re, che a loro era contrarissima ; con I'istiga- 
tione di Pietro gia ofifeso dal P. Agatangelo, e le continue 
querele del popolo e clero scismatico contro del Re ; gU. 
improperij, con i quali di continue lo rimproveravano- 

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I CASTELLI DI GONDAR 



credendo che egli non professasse se non con esterne 
parole I'antica fede Alessandrina, ma che dentro nel suo 
animo fusse affetionato alia fede Romana ; e le minacce 
loro di volerlo deporre dal trono reale, se egli havesse 
scacciato da se questi due Franchi ; tutti questi stimoli, 
dico, fecero tanto col Re, che egli diede la sentenza 
della morte contro li Padri, la quale fu, che fussero impic- 
cati subito. E percio, non trovando il carnefice pronta- 
mente corde per eseguire quel tanto che gli era state 
comandato, i Padri medesimi bramosi, della palma del 
martirio, gli diedero li cordoni loro, con li quali erano 
cinti, e con essi furono impiccati, nudi, e con ogni oppro- 
brio possibile, il sabbato, a mezzo di 7°, nel mese di 
Agosto, nel trentesimo ottavo anno di questo secolo, nella 
Corte del Re. Ma e molto da notarsi il modo deUa loro 
morte miserabile, e penosa, impercio che, essendo li 
cordoni che servivano per capestro assai grossi, non gli 
potevano strozzare, si che stavano essi vivi sospesi nel 
patibolo ; il Metropolitano che fu presente a tal spetta- 
colo, disse al popolo : Chi di voi ha zelo dell'antica fede 
Abissiaa, scagli un sasso sopra di essi. Onde il popolo, mosso 
dall' importuno zelo tiro subito in cosJ gran copia sassi 
contro dei sospesi Padri, che (come si e detto) anco viveano, 
che le forche medesime con li padri restorono sepoltes. 
«Ora per tornare a Pietro Heyling egli intanto con- 
tinue nella sua prosperita, anzi crebbe ogni giorno vie piii 
in stima, e gratia di tutti. Ma sicome la troppo grande 
prosperita, rende gli huomini incauti per lo piu temerarij, 

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ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

e percio facilinente gli conduce al precipitio : cosi av- 
venne ancora a Pietro. Impercioche quando si vidde 
colmo di felicita, si che non capiva piu in se medesimo 
diede nelli spropositi, et havendo avanti imbrattato le 
sue sacrileghe mani, cou 11 sangue di quei due servi di 
Dio ; adesso vedendosi da ogni banda Ubero da i suoi 
nemici non hebbe scrupolo di adoprare la sua maledica 
lingua contro li Santi e Beati del Cielo, e contro di Dio 
medesimo. Onde non insegnava piu segretamente le sue 
eresie, ma le predicava pubblicamente et in particolare 
fa, che non si dovesse prestare veneratione alcuna alia 
Madre di Dio, ne meno ad altri Sancti del Cielo ; ne do- 
versi ricorrere ad essi ne i bisogni, per impetrare mediante 
I'intercessione loro, gratie, e favori da S. Maria, dicendo : 
esser questo un levar I'honore a Dio, e idolatria manife- 
sta del culto, contraria alia Sacra Scrittura. E percio 
proibi audacemente a i suoi scolari (che furono tutti figU 
di Signori grandi) che non recitassero piu nella scuola una 
carta oratione deUa Madonna, solita a dirsi da loro nel 
principio e £ne della letione. Ma gli Abissini, gente 
per altro devotissima della Madonna, quando intesero 
questo dai loro figliuoli, gli levarono tutti dalla sua 
scuola, mostrando di sentire per questa cagione gran- 
dissimo dispiacere ; nientedimeno persisteva egli in pub- 
blicare simili errori, fidandosi sopra la protettione del Re ; 
il popolo non potendo tolerar piu tanta perversita, se ne 
ando con gran furia al Re medesimo minacciandogli la 
morte, se egli non havesse scacciato dal Paese, 1' Eretico ». 

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I CASTELLI DI GONDAR 



« Onde il Re, prevedendo le disgratie che per la di 
lui causa sopra di se, et il suo Regno potevano venire, 
gli disse qualmente non gli bastava piu I'animo a pro- 
teggerlo ; che percio stimava esser suo bene, che si ri- 
tirasse dalla Corte, e se ne andasse per qualche tempo in 
qualche altro paese. E pero Pietro si parti d'Aiissinia, 
dopo che vi era stato almeno per lo spatio di dodici anni 
(conforme m'assicuro, il signore Pietro Abissino, che sta 
qua in Roma, e I'haveva conosciuto benissimo in Ahis- 
sinia), con un gran seguito di servitori, e carico di tesori 
che ivi gli erano stati donati. a 

« Arrivato che fu a Suaquen, il Bassa, vedendo i te- 
sori, et il seguito che conduceva seco, avido di essi, gli 
tolse ogni cosa, et a Pietro fece tagliar la testa, accioc- 
che non potesse querelarsi di lui al Re ; alcuni di quelli 
che erano nella sua compagnia si fecero Turchi, altri 
fuggirono nel I'lndia, e parte andarono a Gerusalemme. 
E questo fu Tesito tragico di Pietro. Dopo questi suc- 
cessi, in Abissinia, e stato vano ogni attento di poter 
ritornare noi altri d'Europa, in gratia con li Abissini, 
■havendo queste attioni lasciato appresso di loro impres- 
sione tanto gagliarda, che sino al di d'hoggi non pos- 
sano ne meno sentir nominare li Franchi ; e pero per esser 
il Re, maggiormente sicuro dalli Europei, ha dato, come 
s'e detto, ordiui strettissimi a tutti i governatori de i Paesi, 
d'Abissinia, che si faccia rigorosissima inquisitione deUa 
gente che vi entra et oflferto una certa quantita d'oro 
per ciascuna testa de i Franchi che essi gli mandaranno i>. 



89 



VI. 



MARTIRIO DEI MISSIONARI FRANCESCANI: 

P. LIBERATO WEISS, P. MICHELE PIO FASOLI 

E P. SAMUELE MARZORATI (1716). 

(Dal « Voyage aux Sources du Nil, en Nubie et en 
Abyssinie », Di J. Bruce. Tomo VI, pag. 162 e segc). 

« L'Imperatore Davide III, allevato da sua madre 
nei principi dei monaci di S. Eustazio, nemici acerrimi 
del Cattolicesimo, era particolarmente attaccato al Credo 
Alessandrino. L'Ecceghie, Capo dei Monaci di Debra 
Libanos, ne fu pertanto facilmente ascoltato quando 
gli denuncio, offrendo di provarlo, cLe tre preti cattolici 
e un interprete abissino si erano stabiUti nello Uolcait 
da alciini anni e cbe erano stati mantenuti, protetti e 
consultati dal Negus Yostos che aveva spesso assistito 
aUa Messa, da essi celebrata secondo il rito romano. 
Davide diede pertanto I'ordine di arrestare i missionari 
e il lore interprete, chiamato Abba Gregorio. 

Quei disgraziati furono condotti davanti al piii bar- 
baro e al piu parziale di tutti i tribunali. UAbha. Ma- 
smare e Adug-Tesfb, che avevano fatto il viaggio del 

91 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Cairo e di Gerusalemme e che parlavano I'arabo, furono 
incaricati di interrogare i missionari e di interpretare 
le loro risposte, e il processo fu breve. La prima domanda 
che fu loro rivolta, fu cosi concepita : 

« Accettate o non accettate voi il Concilio di Cal- 
cedonia conie regola di Fede ? E credete voi che il Papa 
Leone lo abbia presieduto e diretto regolarmente e le- 
gittimamente ? n Ed essi tisposero : « che consideravano 
il Concilio di Calcedonia come il quarto Concilio generate 
e che accettavano le sue decision! come altrettanti arti- 
coli di fede, e che credevano che il Papa Leone lo aveva 
presieduto e diretto regolarmente e legittimamente come 
Capo della Chiesa Cattohca, successore di S. Pietro e Vi- 
cario di Cristo in terra ». 

A queste parole un grido generale di furore si alzo 
nell'assemblea : « Che siano lapidati ! Chiunque non get- 
tera loro tre pietre, sara maledetto e nemico della Vergine 
Maria ! » e la crudele sentenza fu senz'altro eseguita. 

Un solo prete abissino, uomo distinto per il suo 
sapere e la sua religione ed uno dei principali dell' assem- 
blea dichiaro con veemenza che i Missionari erano stati 
giudicati ingiustamente ed irregolarmente. Ma la sua 
voce non pote farsi intendere in mezzo ai clamori di 
quella moltitudine barbara, e i disgraziati Missionari 
restarono preda del furore dei loro nemici. Fu loro messa 
una corda al cello e furono trascinati in un luogo dietro 
alia Chiesa di Abbo suUa strada di Tedda, dove, in con- 
formita alia sentenza, furono lapidati e ricevettero la 

92 



I CASTELLI DI GONDAR 



morte con una pazienza e una rassegnazione uguali a 
quella dei primi Martiri cristiani. 

Ho spesso traversato il luogo dove tre grandi muc- 
chi di pietre ed un altro piu piccolo (1) coprono i resti 
di quegli sventurati, e non senza fare varie tristi rifles- 
sioni sui pericoli che correvo io stesso, mi sono stu- 
pito che quei tre sacerdoti siano rimasti ignorati in 
mezzo al grande numero dei loro confratelli che sono 
stati onorati dagli scrittori cattolici ed il cui nome e de- 
stinato a prendere posto nel Calendario Romano. 

Benche altri missionari abbiano potuto penetrare 
in Etiopia dopo il regno di Yostos, io stesso ignorerei 
il loro nome, senza un opuscolo, pubblicato a Roma 
nel 1774 da un cappuccino, certo Teodosio Valpi ; e 
che mi e state inviato dal mio degno e colto amico, il 
Sig. Daines Bairington. E' da questo opuscolo che ho 
desunto il nome dei tre sacerdoti lapidati : Padre Libe- 
rato de Wies, prefetto ApostoHco d'Austria, Padre Mi- 
chele Pio da Zerba, della Provincia di Padova, e Padre 
Samuele da Beamo (sic), milanese » (2). 



(1) Insieme ai missionari fu ucciso anche un fanciuUo, loro servo od allievo. II 
Bruce, maligrnamente, insinua fosse " 6glio di uno dei religiosi ». L'equivoco si spiega 
in quanlo — come e noto — gli scbiavi, in Abissinia, venivano, usualmente, cbia- 
mati appunto ft figli », di cbi li possedeva. 

{2) 1 Martiri, come risulta da ricercHe e pubblicazioni recenti, si devono identiii- 
care con i religiosi : Padre Liberate Weiss, nato a Konaersreutb nel Palatinato Ba- 
varese il 4 gennaio 1675, da Giovanni e Regina Weiss ; Padre Micbele Pio Fasob, 
nato a Zerbo (Padova) il 3 ma°:gio 1676 ; Padre Samuele Marzorati, nato a Biumo 
Inferiore (Varese) da Carlo e Anna Maria Marzorati, U 10 settembre 1670. II luogo del 
martirio e della sepoltura, h stato riconosciuto, in base alle iadicazioni del Bruce, dal 
buon Padre Sournac, lazzarista, che per circa due lustri, e fine all'occapazione ita^ 
liana, ba dimorato a Coadar, ia poverty evangelica. 



93 



VII. 

OPERE FATTE COMPIERE IN GONDAR 
BALL' IMPERATORE YASU II (1730-17S5). 

(Vedi ; J. Bruce, « Voyage aux Sources du Nil, 
1768-1772 ». Tome VI, pag. 242-245). 

(( Egli, (Yasu II) aveva gia fatto costruire a Cu- 

squam una chiesa che gli era costata immensamente (1), 
ed ora faceva ricostniiie il palazzo di Gondar che doveva 
costargli anche di piu. Non contento di questo edificio, 
faceva restaurare la sua casa di Rigobbe-Biet, all'estre- 
mita Nord della citta, devastata dai ribelli, ed aveva 
cominciato a edificare un'altra villa con grandi giardini 
e boschetti di aranci e di cedri, ad Azozo, suUa riva di un 
bel corso di acqua che la separava dalla Chiesa di Tecla- 
Haimanot da lui fatta pure ricostruire. Ma la sua prin- 
cipale occupazione era I'abbellimento del palazzo di 
Gondar. 



(1) Yasu 11 era £glio dell'Imperatrice MentuaJb, che fa a luBgo reggente in sno 
Dome, percio quanto si h fatto durante il di loi regno h speeeo, e non a torto, attribuito 
a lei, che ne fu in ogni caso la prima ispiratrice : cosl per la famosa ahbazia di Cusquam 
e per la palazzina nella citt& impeiiale. 



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ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Vi era stato in quel tempo (1) una rivolta, un 
massacro o qualche altro disastroso avvenimento fra i 
cristiani di Smirne, alcuni dei quali se ne fuggirono al 
Cairo, e trovando questa citta anch'essa funestata da 
crudeli fazioni, guadagnarono Gedda, con rintenzione 
di passare in India. Ma persero il monsone favorevole e 
sprovAristi di denaro, traversarono il Mar Rosso, sbarca- 
rono a Massaua e salirono a Gondar. Due fra loro erano 
orefici e specialmente esperti nell'arte deUa filigrana : 
furono accolti assai benevolmente e impiegati dal Re 
a ornare il sue palazzo nel modo piu sontuoso e piu bril- 
lante che il loro gusto potesse immaginare. 

Questi artisti e varii giovani abissini da loro istruiti 
e discendenti da altri artisti greci morti nel paese, orna- 
rono la sala dalle udienze in modo veramente ammire- 
vole. I pannelli che in Europa sogUono essere di legno, 
erano scolpiti in avorio, a quattro piedi di altezza dal 
pavimento, e sormontati in alto da una cornice o meglio 
da una bordura di rame superbamente dorata. La bel- 
lezza del soffitto corrispondeva alia magniiicenza di tutto 
I'ambiente, ed era dovuta all'opera di artisti falascia. 
Consisteva in un intreccio di canne dipinte e disposte 
in figure a foggia di mosaico, di piacevolissimo effetto. 
Disgraziatamente questa camera non pote essere finita, 
perche vennero a mancare gli specchi ed il Sovrano mori 
troppo presto. Dopo, il gusto dell'arte decadde e gli 

(I) 1736. 

96 



I CASTELLI DI GONDAR 



artisti rimasero negletti, o utilizzati solo per adornare 
le selle, le briglie, le sciabole ed altri utensili guerreschi, 
lavori per i quali erano mal pagati. Molti fra gli speech! 
della sala delle udienze di Yasu erano gia caduti, ma al- 
cuni sussistevano ancora al tempo della mia venuta a 
Gondar (1), e fui io stesso testimonio della lore di- 
struzione totale dope la battagUa di Serbracsos. 

Yasu aveva cominciato a far costruire un'altra sala, 
non meno bella della sala delle udienze. Questa doveva 
essere rivestita di placche di avorio ornate di stelle dei 
piu vivaci colori, sparse di distanza in distanza. Ma anche 
questo ambiente era quasi rovinato, quando potei ve- 
derlo. Non era stata finita che I'alcova, dove era posto il 
trono, e questo trono ed il Sovrano stesso quando lo 
occupava ne nascondevano in gran parte lo sfondo. En- 
tusiasta dei suoi artisti e dell'opera loro, Yasu vi si dedico 
interamente. Amava lavorare con le sue proprie mani, e 
nulla lo lusingava tanto quanto il vedere che con un 
compasso poteva egli pure disegnare una Stella, simile 
a quelle che dipingevano i suoi Greci. La sua benevolenza 
verso costoro non aveva limiti. I migliori villaggi, spe- 
cialmente queUi delle vicinanze di Gondar, fiirono lore 
concessi, affinche potessero riposarsi e divertirsi senza 
perdere tempo. II Re giunse, per loro, a riuunziare per- 
fino alia sua vecchia passione per la caccia : non fece 
piu spedizioni contro i negri sciangaUa, ne contro i pa- 
stori dell'Atbara ». 



(1) 1769. 

97 



vm. 

LE 44 CHIESE DI GONDAR (1) 



A) Chiese periferiche anteriori alia fondasione della 
Cittd Imperiale : 

•1. — Caha Jesus (Gesu del Caha), fondata da Uenie 
Seinie, mitico persoaaggio locale. 
2. — Arvaitu Ensesa (i Quattro Saati), fondata da 
Gondoroc Gheorghis e altri. 
*3. — Belaggigh Cuddus Micael (S. Michele di Belag- 

gic), fondata da Uenie Seinie. 
*4. — Uerangheb Gheorghis {S. Giorgio di Ueran- 
gheb), fondata da Uenie Seinie. 
5. — ■ AiRA Cuddus Micael (S. Michele di Aira), fon- 
data dai paesani. 
•6. — Gondoroc Mariam (S, Maria dei Gondarini), fon- 
data dai paesani. 
7. — GuARA Johannes (S. Giovanni di Guara), fon- 
data dai paesani). 



(1) Sono contrassegnate con un aBterisco le chiese tuttoza officiate. 

99 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

8. — Arochie Lideta (Vecchia Trinita), fondata dai 

paesani. 

9. — Deva Hauariat (Gli Apostoli di Deva), fondata 

dalle «12 sposew. 
•10. — CUDDUS Emanuel (S. Emanuele), fondata dalle 
<;! 12 spose». 

11. — TsiYON Mariam (S. Maria di Sion), fondata dalle 

« 12 spose ». 

12. — Simon Tzaamdi (S. Simone di Tzaamdi), fon- 

data da Hasei Isaac. 

*13. — ZiHOR Mariam (S, Maria del Sihor), fondata da 
Hasei Isaac. 

•14. — Damot Gheorghis (S. Giorgio di Damot), fon- 
data dalle «12 donzeUei). 

•15. — Menzobo Teclehaimanot, fondata dalle « 12 don- 
zeUeo. 

•16. — Azozo Teclahaimanot, fondata dall'Imp. Su- 
senios. 



B) Chiese del periodo imperiale : 

*17. — Medanie.Alem (Salvatore del Monde), fondata 

dall'Imp. Fasilides. 
•18. — Addebabai Jesus (Gesii della Corte Imperiale), 

fondata dall'Imp. Fasilides. 
♦19. — Ghemgia-Biet Mariam (Tesoro della Vergine), 

fondata dall'Imp. Fasilides. 



100 



I CASTELLI DI GONDAR 



•20. — Fit Micael (il Vecchio S. Michele), fondata dal- 

r Imp. Fasilides. 
21. — Fit Abbo (il Primo Padre - dedicata a Ghebre 

Menfes Cuddus), fondata daU'Imp. Fasilides. 
*22. — Cuddus Ghebriel (S. Gabriele), fondata dal- 

I'lmp. Fasilides. 
*23. — Elfign Gheorghis (Cappella di S. Giorgio nella 

citta imperiale), fondata dall'Imp. Fasilides. 
*24. — Abba Antonios (S. Antonio), fondata da Tzadich 

Johannes. 
*25. — TzADA Igziavierek (Chiesa del Die Padre) (Tomba 

dell'Imperatore), fondata da Tzadich Johannes. 
•26. — Addebabai Teclahaimanot (Chiesa di Teclahai- 

manot della Corte Imperiale), fondata da Yasu 

il Grande, bruciata e ricostruita. 
•27. — Debra Berhan Sellassie (Chiesa della Luce 

della Trinita), fondata da Yasu il Grande. 
28. — Selestu Mit (Chiesa dei 300), fondata dall'Im- 

peratore Tewflos. 
•29. — LiDETA (Nativita), fondata dall'Imp. Yostqs. 
*30. — Attatami Cuddus Micael (S. Michele il Bello), 

fondata dall'Imp. David. 
31. — Cuddus Eostateos (S. Eustacchio), fondata dal- 
' rimp. Bakafa. 

•32. — Defecia Chidane Meret (Chiesa del Patto della 

Misericordia, fondata dall'Imp. Bakafa. 
33. — Cuddus Rufael (S. Raffaele), fondata dall'Imp. 

Bakafa. 



101 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



•34. — CusQUAM Debra Tzahai (Chiesa del Sole di Cu- 
squam), fondata dall'Imperatrice Mentuab. 

•35. — CuDDUS Johannes (S. Giovanni Battista), fon- 
data dall'Imp. Yasu II. 

•36. — Bohata Mahiam (Presentazione di Maria), fon- 
data dall'Imp. Teclahaimanot II. 

•37. — CuDDUS Chercos (S. Quirico), fondata dall'Imp. 
Teclahaimanot II. 
38. — CuDDUS PiETROS Paolos (SS. Pietro e Paolo), 
fondata dall'Imp. Teclahaimanot II. 

•39. — Abbagialie Teclahaimanot (Chiesa di Tecla- 
haimanot o della scuderia), fondata dall'Imp. 
Teclahaimanot II. 

•40. — UoiDENEGORGDAT JoHANNES (S. Giovanni Evan- 
gelista), fondata dall'Imp. Teclahaimanot II. 

•41. — Fenter Lideta {Nativita - fuori le mura), fondata 
dall'Imp. Teclahaimanot II. 

42. — CuDDUs Fasilides (S. Fasilides), fondata dal- 

l'Imp. Salomone II (1). 

43. — Debre Metmach Mariam (Battesimo di Maria), 

fondata da Teclegheorghis. 

44. — Abie Ichisi, fondata da Has Ghebriet del Semien 

sotto il Regno di Teclahaimanot II. 



(1) Av«va eede nel padiglione del Bagno di FaflilidcB, ph da molto tempo di- 
■totto dalla deatinazioae originaria. 

102 



IX. 



DECADENZA DI GONDAR 

(V. Arpjauld d'Abbadie : «Douze ans dans la Haute 
Ethiopieb. Paris, Hachette, 1868, pag. 75 e segg.). 

La rapida e completa decadenza di Condar durante 
il breve spazio di due generazioni, e dipinta dal vivo da 
Arnaldo d'Abbadie che, col fratello Antonio, vi trascorse 
un decennio, nella prima meta del secolo passato. 

Mentre ai tempi del Bruce, mezzo secolo addietro, 
la corte conservava parte del suo splendore, e i casteUi 
imperiaU erano quasi intatti, nonostante I'incuria pro- 
pria degli Abissini, i d'Abbadie trovarono una Gondar 
gia morta, almeno come centro politico e dinastico. Elo- 
quente, in proposito, e il brano che descrive lo stato di 
equallore in cui regnando il vecchio Atzie Sahala Denghel 
(1832-1840), si trovava lo stesso castello di Fasilides, che 
pure continuava ad essere abitato. 

(( II palazzo imperiale, costruito dai Portoghesi (1), 



(1) 11 d^Abbadie qui Incorre ueU*errore consueto. Gondar, come si & visto, 8ors« 
proprio negli anni nei quali i Portoghesi, autentici o meticci, eran pereeguitati con inag> 
£iore ferocia e, certo, non pensavano a coatmire caatelli. Questi son « portoghesi », ma 
aon di esecuzione : di tecnica, di gusto, di stile architettonico. 



103 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

circa due secoli fa, sorge in mezzo a quartieri in rovina, 
Consiste in una agglomerazione di edifici senza simmetria, 
coperti alcuni da piattaforme merlate, altri da cupole O 
volte ; tutto intorno si eleva una cinta spaziosa e irre- 
golare costituita da una muraglia praticabile, munita di 
feritoie e turrita ; il principale edificio ha per facciata 
una grossa e alta torre quadrata, che domina tutto I'in- 
sieme. Delia sala dei banchetti e delle udienze solenni 
non resta piu che un pezzo di muro, al centre del quale 
il vano arcuato dell'alto portale d'ingresso, si staglia 
isolato sul cielo. I bagni, le stufe, sono in rovina ; i ma- 
gazzini, le cucine, le scuderie, le camere segrete, in cui 
gli Imperatori solevano appartarsi coi propri famigliari, 
per riposarsi dalla rigida etichetta di corte, sono anch'essi 
inabitabili, e nessuno nel paese e neppur capace di pre- 
parare la calce per ripararne i danni. Una antica pri- 
gione e la gran sala dei giudizi imperiali sono i soli locaU 
che rimangono intatti. 

Giunti sul pianerottolo di una ampia scala esterna 
un paggio seminudo ci dischiuse la porta di una vasta 
anticamera, dalla quale passammo nella sala di giustizia, 
rettangolare e nuda, nel fondo deUa quale I'Atzie, od 
Imperatore, troneggiava sereno su di un divano indiano, 
recante ancora i resti di un intarsio di avorio : un tap- 
peto persiano, logoro e troppo stretto, non riusciva a 
coprirne il giaciglio di cuoio. Quattro paggi stracciati, 
un eunuco e due vecchi, stavano in piedi ai lati di quel 
povero soglio ». 

104 



X. 

LA CHIESA DI BARIE'-GHEMB 
E IL CASTELLO DI GUZARA' 



Fra gli edifici sparsi un po' in tutto I'Amara, che 
—^ anteriori alia stessa fondazione di Gondar — vanno 
considerati come i primi, e piu tipici, campioni deUo stile 
e del gusto portoghese-etiopico, due particolarmente son 
degni di menzione : la chiesa di S. Michele a Barie- 
Ghemb, e il castello imperiale di Guzara neUo Imfraz. 

Poiche i due monumenti son pochissimo noti (la chiesa 
non risulta sia stata segnalata, prima d'ora, da alcuno 
fra i pochi viaggiatori che ban percorso la zona, mentre 
solo il Pollera — che visito il castello, credo nel '29 — 
ne fa cenno neU'opera « Storie, leggende e favole del paese 
dei Negus » (1) — e poiche adesso, invece dei sentieri 
di un tempo, accessibili solo ai pedoni ed ai muh, una 
buona rotabile traversa la regione, diamo I'itinerario 
della facile gita. 



(1) Pagg. 223 e eeguenti. 

105 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Al bivio, presso il Campo di Aviazione di Goudar, 
si prende a sinistra la nuuva rotabile per Debra Tabor, 
tracciata a monte della vecchia pista, 

Nel primo tratto, quasi pianeggiante, si traversa il 
Maghesc subito dopo la sua confluenza con I'Angareb. 
Dope aver lasciato a sinistra il villaggio di Tadda, si 
oltrepassa a destra, piu innanzi, la pittoresca collina di 
Minzero che domina la strada, e suUa cui sommita, folta 
di piante, si scorgono gU avanzi di alcune costruzioni che 
servono, o servivano, di rifugio ai lebbrosi, costretti ad 
isolarsi dal pubblico ribrezzo. 

AI ventesimo chilometro circa, si incontra sulla sini- 
stra deUa strada, il viUaggetto di Barie-Ghemb, che 
prende appunto il nome da un principe Barie, presunto 
fondatore deUa interessantissima chiesa di Cuddus-Micael, 
che data daUa prima meta del Cinquecento, e si distingue 
per la sua struttura dalle altre della zona dello stesso pe- 
riodo, costruita com'e accurataraente in pietra basaltica 
e calce, recinta da un porticato quadrate che ne segna il 
perimetro esterno e da un altro circolare intermedio, 
solo in parte diruto, al cui centro si eleva, ancora quasi 
intatta, la chiesa propriamente delta, che e a pianta 
quadrata, con un ampio portale ad arco triplice e tre fi- 
nestre dello stesso tipo. Tutte le guarnizioni sono in tufo 
rosato, e una caratteristica cupola a pan di zucchero, 
del modeUo di quelle dei CasteUi di Gondar, saldamente 
appoggiata su un massiccio tamburo, corona I'edificio, 
sopra il Santo dei Santi. 

106 



I CASTELLI DI GONDAR 



La tradizione vuole che il tempio, non finito, abbia 
sofferto la devastazione dalle orde mussulmaiie deUo 
Emiro Gragn, intorno al 1540. Si tratta, indubbiamente. 



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Barig-Chemli. - Chiesa di Cnddus Micael (sec. XVI). 

di un'opera dovuta a iniluexize europee, benche orienta- 
lizzate, e gli indigeni, infatti, la dicono inalzata da un 
architetto « frengi », anzi «ruiiu » : romano. 



107 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Poco oltre Barie-Ghemb, si passa il Gumera, ed il 
terreno muta, e diventa pm rotto, mentre la strada sale 
per un alto costone, fra bosciii di magnolie, di acacie e 
di ginestre, fino alia sella, detta Culcal-Berr (1), di dove 
si puo scorgere un vasto panorama e si awista da lungi 
Guzara, la cui mole si stacca, turrita, sulla cresta di 
un colle, compreso fra i due fiumi dell'Arno e del Garno. 

Si scende daUa sella per la strada a tornanti, e poi, 
di nuovo in piano, si traversa una zona abbastanza bo- 
scosa, ricca di cacciagione volatile e quadrupede. 

Al cinquantesimo chilometro circa, a pochi diecine 
di metri dalla strada, si trova, quasi nascosto dalla folta 
vegetazione, un ponte in muratura che scavalca il Garno. 
Questo ponte, che consta di un arco a tutto sesto, co- 
strutto, come il solito, in pietra a vista e calce, serviva 
per la strada conducente al castello, di cui pero non 
resta quasi nessuna traccia. Alcuni sentieri, appena indi- 
viduabiU, fra i cespugH e le liane, conducono in mezz'ora 
al sommo dell'altura, da cui la vista spazia sull'azzurro 
del Tana. 

II casteUo — che e circondato da un'alta muraglia, 
rovinata in piu punti, e lungo cui si notano gliavanzi 
di tre porte — fu costruito per Sertze-Dengbel (2), che 
come altri sovrani deUa sua dinastia, voile porre la pro- 



(1) <t Berr » (porta, in lingua amarica) i tenoine impiegato a iadicare ancbe i 
paBsi ed i varchi montani. 

(2) 1S53-1597. 



108 



I CASTELLI DI GONDAR 



pria capitale in una localita, che secondo I'indicazione 
di un angelo, apparso al suo antenato Lebne-Denghel (1), 
doveva avere ua nome cominciante per « G ». 




Gnrzarft - CasteUo dell'imperatore Sertze-Denghel (1563-1595). 
Pianta del piano terreno. 

Anche i suoi successor! vi tennero dimora fino al- 
I'avvento dello imperatore Susenios, che voile trasfe- 
rirsi a Gorgora sul Tana. 



(I) 1508-1540. 



109 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 



L'edificio, che poggia su di un grande roccione, e 
bene conservato su tre dei lati esterni, mentre il quarto, 
croUato, ne lascia vedere rintemo, coi muri divisori an- 

cora in piedi, 
per I'intera al- 
tezza dei due 
piani. Manca- 
no,invece,tut- 
li i terrazzi 
e i soffitti. II 
castello, che 
aveva forma 
rettangolai|e, 
comprendeva 
a ogni piano 




CasteDo di Gazari - Regno di Sena Denghel <1S63-1597) 



cinque vasti 
locali di di- 
versa misura. 
L' accesso al 
primo piano 
aweniva da 
Nord per una 
scala esterna, 
era tutta di- 
rata. 

La meglio 
conservata e 




Bari»-Chemb - Chiesa di S, Michele (1» meti del >ec. XVI) 



110 



I CASTELLI DI GONDAR 



la facciata ad Ovest, non piiva di una certa grandiosita 
e imponenza, per le torn rotonde che ne proteggono gli 
angoli, coperte dalla solita cupoletta ogivale. Le tracce 
di una terza grande torre quadrata, che doveva so- 
vrastare I'intero edificio, sono evident! a un angolo 
della opposta facciata. Una rozza merlatura coronava 
il castello, le cui caratteristiche sono analoghe a quelle 
dei principali edifici di Gondar, benche I' architettura 
ne sia piu primitiva, sia nella concezione che nella 
esecuzione. 



Ill 



XL 

SPECCHIO GENEALOGICO E CRONOLOGICO 
DEI SOVRANI DI GONDAR NEI SECOLI XVII-XVIII 

I, — SusENios, il Cattolico (detto anche Malak Sa- 

gad III, o Seltan Sagad I) (1). 
Figlio naturale del Negus Gram Fasil (Fasil, « lo 
Stupido ») fu assunto al trono nel 1607 e nel 1624 si con- 
vert! pubblicamente al Cattolicesimo. Allievo e protet- 
tore dei Gesuiti portoghesi, si circondo di artigiani e con- 
siglieri europei e fondo la Cattedrale di Gorgora sul Tana 
(Ghemb Mariam). II 14 giugno 1632 fu, dopo fiera lotta, 
costretto ad abdicare in favors del figlio Fasilides, dalla 
accanita reazione xenofoba ed anticattolica di gran parte 
dei capi e del Clero. Mori il 17 settembre deUo stesso anno. 

II. — Fasilides, il Grande (detto anche Seltan Sa- 

gad II e Alam Sagad). 

Succeduto al padre il 14 giugno 1632 ; mori I'll 
ottobre 1667. 



(1) Nell^atto dell^assmizione al tronOf gli antichi monaxchi etiopici si Bceglievajio 
speBso un uome uf&ciale o a di regno b. Sagad (o come alconi pronunciaito, 40j<^&l) che 
vnol dire veueiato, riverito, onorato. era, poi, la qualifica adottata da tutti, come 
r « Augusto » o il « Cesare » dei aostri imperatori. 



113 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI DELLA CORTE 

Abiurato il Cattolicismo e tornato all'eresia mono- 
fisita, perseguito crudelmente i cattolici e caccio i Ge- 
suiti, ma trattenne ai suoi servizi numerosi meticci por- 
toghesi di cui si valse per le sue costruzioni, come pure 
di artisti levantini ed indiani. Si puo considerare il vero 
fondatore di Gondar, dove fece costruire il grande Ca- 
stello che porta tuttora il sue nome e numerosissime 
chiese. A lui si deve pure la costruzione di numerosi 
ponti in muratura (Fasil-Oildil). 

III. — YoHANNES 1, 11 Santo (1) (detto anche Alaf Sagad). 

Figlio quartogenito di Fasilides, gli succedette nel 
1667, essendo stati esclusi dal trono il primogenito per 
la sua rivolta al padre e gli altri due fratelli per la loro 
incapacita intellettuale. Ordinate sacerdote prima di 
diventare Imperatore, dedito alia vita chiesastica e mi- 
stica, abdico, poco prima di morire nel 1682, in favore 
del figlio Yasu. Amante degli studi religiosi e teologici, 
protesse preti e monaci e predilesse i dotti. Gli si deve 
I'aggiunta al castello di Fasilides di una palazzina ad use 
di biblioteca, e di un altro edificio per la cancelleria. 

IV. — Yasu I, il Grande (detto anche Adyam Sagad). 

Succedette al padre abdicatario nel 1682. Gli si deve 
fra I'altro la costruzione del caratteristico « Castello della 



(1) a Tzadich a, in amarico. 

114 



I CASTELLI DI GONDAR 



Sella » adiacente al CasteUo di Fasilides. Monarca fa- 
stosissimo e amico delle arti, fu deposto in seguito ad 
una congiura di palazzo il 27 marzo 1706. Raggiunto dai 
sicari del figUo Tecle Haimanot neU'isola di Metreha 
sul Tana, dove si era ritirato, fu ucciso e sepolto poi in 
quell'antico chiostro imperiale. 

V. — Tecle Haimanot (« Rugum », il maledetto). (Abrak 

Sagad, Le'ul Sagad, Gerum Sagad). 

Usurpatore del trono paterno e fraterno fu ucciso 
per vendetta dai fedeli di Yasu I durante una partita 
di caccia. 

VI. — Tewoflos 

Succedette al fratello minore Tecle Haimanot nel 
1711. 

VII. — YosTOS (Zahai Sagad). 

Nepote ex sorore di Yasu I succedette al cugino 
Tewoflos nel 1711. Simpatizzante del Cattolicesimo, per- 
mise il ritorno in Etiopia di alcuni missionari francescani, 
il cui apostolato fu poi tragicamente troncato sotto il 
Negus David, suo successore. 

VIII. — David III. 

Assunto al trono nel 1714, riprese la persecuzione 
anticattolica sospesa dai cugino Yostos. Lascio che i 



115 



ALESSANDRO AUGUSTO MONTI BELLA CORTE 

fanatici copti lapidassero i tre missionari P. Liberato 
Weiss, P. Mictele da Zerba e P. Samuele da Biumo, il 
14 marzo 1716. Mori nel 1721. 

IX. — Bakafa., il Mago (detto anche Asma Gheorghis, 

o Abdar Sagad II, o Masih Sagad). 

Assunto al trono nel 1721, alia morte del padre 
David, si dedico alia stregoneria e alle scienze occulte 
fornendo argomento ad infinite leggende.'; 

Aggiunse nuove importanti costruzioni aUa citta 
imperiale di Fasilides e sposo la principessa Mentuab, 
del Quara, cbe alia sua morte, nel 1730 (la leggenda lo 
dice strangolato dal diavolo) assunse la reggenza dell'Im- 
pero, cbe tenne durante la minore eta del figlio, Yasu II, 
e riassunse alia morte di questo, durante Tinfanzia del 
nipote Yohas. Alia Iteghie Mentuab si deve la costruzione 
del castello e dell'Abbazia di Cusquam. 

X. — Yasu II (detto ancbe Berhan Sagad e Adyam 

Sagad II). 

Salito al trono, fanciullo, nel 1730 sotto la reggenza 
della madre Mentuab, fece abbellire la « Casa di Deli- 
zie » costruita da Fasilides nei pressi del torrente Caba, 
con ' annessavi una grande piscina, dove la tradizione 
vuole che egli facesse annegare il favorite della madre, 
Yasu Melmel (il Prescelto). Appassionato cacciatore e 
cavaliere, egli avrebbe pure eretto li accanto, la cosi 

116 



I CASTELLI DI GONDAR 



detta « Tomba del Cavallo », in memoria del suo destriero 
preferito, Subiel. 

Mori, avvelenato per vendetta da una sorella di 
Yasu Melmel, nel 1755. 

XI. — YoHAS II (detto anche Ayam Segad). 

Succedette al padre, bambino, nel 1755, sotto la 
reggenza della nonna Mentuab e poi del Ras Micael 
Sehul del Tigrai, onnipotente prefetto di Palazzo, che 
ha lasciato il suo nome al piccolo « Ras Ghemb » (o Ca- 
stello del Ras), fra i meglio conservati dei castelli di Gon- 
dar, e che, cresciuto Yohas ed avendo cercato di sot- 
trarsi, uccidendolo, alia sua pesante tutela, lo fece stran- 
golare e lo sostitui con il vecchio Yohannes, fratello di 
Bakafa, e suo prozio (1769). 

XII. — Yohannes II (detto anche Alaf Segad). 

Fu posto sul trono da Ras Micael Sehul, nel 1769 
in sostituzione del pronipote Yohas, ed a sua volta fatto 
sopprimere dal ras, dopo un brevissimo regno. Gli suc- 
cedette il giovane Tecle Haimanot II, sotto il cui re- 
gno, durato fino al 1777 in mezzo a insurrezioni e torbidi 
continui, I'autorita imperiale decadde in anarchia. 



117 



IN D ICE 



Prehessa p 

I- — La CITTA DEI CASTELLl , 

II. — GlI EDIFICI DELIA CINTA IMPERIALE 

CasteUo di Fasilides '.'.'.'.','' » 

Biblioteca di Tzadich Yohannes . . '. . 

CanceUeria di Tzadich Yohannes , . » 

CasteUo di Yasu i] Grande o » della sella » ...... » 

1 Casa degli Sponsali » ^ 

Padiglione « dcU'allegriau o « del canto i ' ' , 

CasteUo del Negus Bakafa . . . . > 

Palazzina deU' Imperatrice Mentuab . , 

Bagno turco , 

Attatanu Cuddus Micael a 

Casa del Capo deUa Cavalleria , 

CasteUo di Ras Micael Sehul b 

III. — II oBacno di Fasilides » e la «Tomba del cavallod . . > 

IV. — CUSQUAM „ 

V. — Le CHIESE E I PONTI , 

Appendice : 

I. — Come vissero in Etiopia i Portoghesi che vi passarono e i lore 

discendeati b 

II. — La comunit^ portoghese in Etiopia n 

III. — Stato del discendeuti dei PortogheBi di Etiopia, sessant'anni 

dopo la cacciata dei Gesuiti d 

IV. — Missionari itaUaui in Etiopia nel cosi detto periodo « porto- 

ghese 1 I) 

V. — II luterano Peter Heyling, consigliere di Fasilides e istigatore del 
martirio dei Padri cappuccini Agatangelo da Vendome e Cas- 

aiano da Nantes, nel 1638 b 

VI, — Martirio dei missionari francescani ; P. Liberato Weiss, P. Mi- 

chele Pio Fasoli e P. Samuele Marzorati (1716) > 

VII. — Opere fatte compiere in Gondar daU' imperatore Yasu II 

(1730-1755) 

VIII. — Le 44 chiese di Gondar '. . . > 

IX. — Decadenza di Gondar ....^ > 

X. — La chiesa di Bari^-Ghemb e U CasteUo di Guzar& .... » 
XI. — Specchio genealogico e cronologico dei sovrani di Gondar nei 

secoli xvii-xviii > 



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